Cass. civile, sez. I del 1986 numero 3274 (17/05/1986)


Con riguardo agli atti che richiedano la certezza del notaio in ordine all'identità personale delle parti, ivi inclusa, pertanto, l'autentica in senso stretto (ove l'intervento del notaio non si esaurisce nell'attestazione dell'apposizione della sottoscrizione in sua presenza, ma comporta il previo accertamento dell'identità del sottoscrittore), tale certezza, in difetto di conoscenza personale, non può essere fondata sul solo esame di una carta d'identità, od altro documento equipollente, ancorché formalmente ineccepibile perché privo di segni esteriori che ne evidenzino la falsità, atteso che l'art. 49 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 sullo ordinamento del notariato, nel testo fissato dall'art. 1 della legge 10 maggio 1976 n. 333, prescrive che il notaio raggiunga un sicuro convincimento in proposito (anche al momento dell'attestazione) con la valutazione di "tutti gli elementi" all'uopo idonei, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti, e che, pertanto, ove manchino altri elementi, sia pure di tipo presuntivo, idonei a corroborare le risultanze della carta d'identità, l'esame di quest'ultima non può ritenersi sufficiente all'osservanza del suddetto obbligo professionale, trattandosi del resto di documento d'identificazione a fini di polizia, privo di forza certificatrice generale. In alternativa è consentito al notaio far intervenire in atto due fidefacienti.

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