Cass. civile, sez. Unite del 1986 numero 2368 (05/04/1986)


Con riguardo alle obbligazioni pecuniarie, il fenomeno inflattivo non consente un automatico adeguamento dell'ammontare del debito, né costituisce di per sé un danno risarcibile, ma può implicare, in applicazione dell'art. 1224 secondo comma cod. civ., solo il riconoscimento in favore del creditore, oltre gli interessi, del maggior danno che sia derivato dall'impossibilità di disporre della somma durante il periodo della mora, nei limiti in cui il creditore medesimo deduca e dimostri che un pagamento tempestivo lo avrebbe messo in grado di evitare o ridurre quegli effetti economici depauperativi che l'inflazione produce a carico di tutti i possessori di denaro. Al fine dell'individuazione e quantificazione di tale danno, il ricorso ad elementi presuntivi ed a fatti di comune esperienza non può tradursi nell'applicazione, in via generale, di parametri fissi, quali quelli evincibili dagli indici "istat" o dal tasso corrente degli interessi bancari, né può implicare l'esonero dal suddetto onere di allegazione e prova, ma deve ritenersi consentito soltanto in stretta correlazione con le qualità e condizioni della categoria cui appartiene il creditore, atteso che, esclusivamente alla luce di tali dati "personalizzati", che l'interessato deve fornire, sussistono i presupposti per una valutazione, secondo criteri di probabilità e normalità, delle modalità di utilizzazione del denaro, e, quindi, degli effetti nel caso concreto della sua ritardata disponibilità. In particolare, e sempre nei limiti degli elementi forniti dal danneggiato, il suddetto principio può comportare, in favore del creditore esercente attività imprenditoriale, la considerazione del mancato impiego del denaro nel ciclo produttivo, ovvero della necessità di avvalersi del prestito bancario, e quindi il calcolo forfettario del danno in questione, rispettivamente, alla luce dei proventi medi dell'attività imprenditoriale o del costo del prestito bancario; in favore del risparmiatore abituale, cioè di quello che sistematicamente investe in impieghi di risparmio il residuo non assorbito dai consumi, la utilizzazione come parametro dello investimento che è solito effettuare; in favore del creditore occasionale, cioè di chi beneficia "una tantum" di una somma di un certo rilievo per la quale debba escludersi la destinazione al consumo, il raffronto con gli investimenti che si presentino più probabili, ivi incluso il deposito bancario; in favore del modesto consumatore, cioè di chi abitualmente spende il denaro per bisogni personali e familiari, il ricorso al criterio degli indici inflattivi, in quanto idonei ad evidenziare il maggior esborso per quei beni di consumo che non ha potuto acquistare, per la inadempienza del debitore, alla data di scadenza dell'obbligazione.

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