Cass. civile, sez. Unite del 1983 numero 2433 (06/04/1983)


Le cosiddette convenzioni di lottizzazione, ancorché vincolanti pure nei confronti del comune, non privano quest'ultimo del potere di rifiutare la licenza o concessione edilizia, nonostante l'impegno assunto con detta convenzione, ove tale rifiuto derivi dall'esercizio del potere autoritativo di revocare o modificare il piano o lo strumento urbanistico primario, in relazione a nuove valutazioni od esigenze sopravvenute, ovvero di effettuare scelte discrezionali in relazione ad interessi pubblici (di igiene, estetica, funzionalità, ecc.) non coinvolti dai patti della convenzione stessa e dai criteri edificatori con essi stabiliti. Pertanto, a fronte di tale rifiuto, la posizione del privato ha natura di mero interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, mentre assume consistenza di diritto soggettivo, tutelabile con azione risarcitoria davanti al giudice ordinario, solo quando il giudice amministrativo annulli il diniego del comune in considerazione della sua contrarietà con i criteri stabiliti dalla convenzione, sicché il diniego stesso venga a configurare non semplicemente un atto illegittimo, ma un comportamento illecito contrario agli obblighi contrattualmente assunti. Da tanto consegue che deve escludersi l'esperibilità della suddetta azione risarcitoria quando il giudice amministrativo si sia limitato a dichiarare l'illegittimità del silenzio dell'amministrazione sulla istanza di licenza e concessione, per mera inosservanza dell'obbligo di provvedere, ferma restando la sua facoltà di provvedere in senso favorevole o sfavorevole.

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