Cass. civile, sez. III del 2005 numero 12317 (10/06/2005)


Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi, mentre ricorre il leasing traslativo allorchè la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto, e solo in quest'ultimo caso, stante la "eadem ratio", può applicarsi in via analogica al contratto di leasing la disciplina dettata dall'art. 1526 cod. civ. per la vendita con riserva di proprietà. L'accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali in ordine al tipo di negozio posto in essere rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici, ovvero per vizio di motivazione. (Nella specie, la Corte Cass. ha cassato la sentenza di merito per non aver effettuato correttamente l'indagine volta alla riconduzione del contratto di leasing concluso dalle parti all'uno e all'altro tipo negoziale, omettendo l'indispensabile comparazione economica tra l'ordinaria durata tecnologica del bene utilizzato in godimento ed il suo valore residuo, e omettendo di porre a tale scopo a raffronto il prezzo della opzione con il valore residuo).

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