Cass. civile, sez. III del 2004 numero 20792 (27/10/2004)


A norma dell'articolo 1439 del Cc il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati siano tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe prestato il proprio consenso per la conclusione del contratto, ossia quanto, determinando la volontà del contraente, abbiano ingenerato nel deceptus una rappresentazione alterata della realtà, provocando nel suo meccanismo volitivo un errore da considerarsi essenziale ai sensi dell'articolo 1429 del Cc. A produrre l'annullamento del contratto, pertanto, non è sufficiente una qualunque influenza psicologica sull'altro contraente, ma sono necessari artifici o raggiri, o anche semplici menzogne, che abbiano avuto, comunque, un'efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte e, quindi, sul consenso di quest'ultima. In tema di dolo quale causa di annullamento del contratto, sia nell'ipotesi di dolo commissivo che in quella di dolo omissivo, gli artifici o i raggiri, la reticenza o il silenzio, devono essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto e alle qualità e condizioni soggettive dell'altra parte, onde stabilire se erano idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l'affidamento non può ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza. (Nella specie in applicazione del riferito principio la Suprema corte ha ritenuto che la sentenza impugnata contenesse adeguata ed espressa motivazione, avendo escluso che l'inganno potesse essere neutralizzato dal deceptus con l'uso della normale diligenza sul rilievo che il carattere particolarmente subdolo dei raggiri posti in essere rendeva inutile la media diligenza e l'errore poteva essere evitato solo con l'ausilio di competenze e tecniche straordinarie.

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