Cass. civile, sez. III del 2001 numero 9092 (05/07/2001)


Non può affermarsi la responsabilità della p.a. per il verificarsi di un danno eziologicamente legato ad un bene pubblico quando su tale bene viene esercitato un uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini, come per le strade pubbliche, in quanto, per l'estensione del bene e per l'uso promiscuo dello stesso, è palesemente impossibile effettuare un continuo ed efficace controllo che valga ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi, mentre sussiste il requisito della colpa in capo alla p.a. solo qualora la stessa non provveda diligentemente ad eliminare dal bene pubblico le situazioni di pericolo che abbiano i caratteri dell'insidia e del trabocchetto, evidenziate dalla peculiarità oggettiva della non visibilità e da quella soggettiva della non prevedibilità del pericolo stesso.Nell'esercizio del suo potere discrezionale inerente alla esecuzione e manutenzione di opere pubbliche la p.a. incontra limiti derivanti sia da norme di legge, regolamentari e tecniche, sia da regole di comune prudenza e diligenza, prima fra tutte quella del "neminem laedere" in ossequio alla quale essa è tenuta a far sì che l'"opus publicum" (in particolare una strada aperta al pubblico transito) non integri per l'utente gli estremi di una situazione di pericolo occulto (cosiddetta insidia o trabocchetto). Tale situazione ricorre, in particolare, quando lo stato dei luoghi è caratterizzato dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva del pericolo stesso.

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