Cass. civile, sez. II del 2003 numero 11031 (15/07/2003)


Il credito del professionista per il compenso spettantegli in ragione dell'attività svolta nell'esecuzione di un contratto d'opera ex artt. 2230 e ss. c. c. è di valuta, e non si trasforma in credito di valore neppure per effetto dell'inadempimento del cliente; esso dà luogo, in caso di mora, alla corresponsione degli interessi nella misura legale, indipendentemente da ogni prova di danno, mentre, ai fini del risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria a norma dell'art. 1224, comma II, c. c., incombe sul professionista l'onere di dedurre e poi provare che il pagamento tempestivo da parte del cliente gli avrebbe consentito, mediante l'opportuno impiego della somma, d'evitare o limitare gli effetti della sopravvenuta inflazione.

Documenti collegati

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. II del 2003 numero 11031 (15/07/2003)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti