Cass. civile, sez. II del 2001 numero 5604 (17/04/2001)


L'interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio mortis causa, è caratterizzata rispetto a quella contrattuale da una più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell'articolo 1362 cod.civ., va individuato con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione, e, solo in via sussidiaria, ove cioè dal testo dell'atto non emerga con certezza l'effettiva intenzione del de cuius e la portata della disposizione, con il ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore, quali ad esempio la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura, condizione sociale, ambiente di vita, ecc. L'accertamento di tale volontà, risolvendosi in una indagine di fatto da parte del giudice di merito, è quindi, sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di ermeneutica sopra descritte o per vizi logici e giuridici attinenti la motivazione.

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