Cass. civile, sez. II del 2000 numero 2255 (01/03/2000)


In tema di condominio, e con riferimento alle parti comuni dell'edificio, il termine godimento designa due differenti realtà, quella della utilizzazione obiettiva della res, e quella del suo godimento soggettivo in senso proprio, con la prima intendendosi l'utilità prodotta ( indipendentemente da qualsiasi attività umana ), in favore delle unità immobiliari, dall'unione materiale o dalla destinazione funzionale delle cose, degli impianti, dei servizi ( suolo, fondazioni, muri maestri, tetti lastrici solari, cortili ), la seconda concretantesi, invece, nell'uso delle parti comuni quale effetto dell'attività personale dei titolari dei piani o porzioni di piano ( utilizzazione di anditi, stenditoi, ascensori, impianti centralizzati di riscaldamento e condizionamento). Nondimeno, talune delle parti comuni elencate nell'art. 1117 cod.civ. ( solitamente destinate a fornire utilità oggettiva ai condomini ) sono, talora, suscettibili anche di uso soggettivo, uso, pervero, particolare ed anomalo, diverso, cioè, da quello connesso con la funzione peculiare di tali parti ed indipendente dalla relativa funzione strumentale ( i muri maestri utilizzati, per esempio, per l'applicazione di vetrine o insegne luminose), con la conseguenza che i cortili, funzionalmente destinati a fornire aria e luce al fabbricato ( destinazione oggettiva ) ben possono essere destinati ( anche ) ad uso soggettivo ( sistemazione di serbatoi, deposito merci, parcheggio auto ), di talchè, pur costituendo normalmente oggetto di trasferimento conseguenziale al trasferimento della proprietà del piano o porzione di piano, purtuttavia possono, ex titulo, formare, quanto al relativo godimento soggettivo, oggetto di diversa pattuizione, quale, come nella specie, l'esclusione dal trasferimento della relativa quota di comproprietà dell'uso ( soggettivo ) come parcheggio d'auto, specie qualora il cortile stesso non risulti sufficiente ad ospitare le autovetture di tutti i condomini ( si che la clausola de qua appare destinata a perseguire interessi non immeritevoli di tutela ). Peraltro, nell'ipotesi di cessione a terzi di un uso siffatto della cosa comune, non è al singolo condomino che spetta la legittimazione alla cessione stessa, essendo, all'uopo, necessario il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, giusta disposto dell'art. 1108, comma III cod.civ..

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