Cass. civile, sez. II del 1999 numero 11117 (06/10/1999)


Affinché una transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una "res dubia", e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall' altro, che, nell' intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche. L' oggetto della transazione, peraltro, non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un "quid medium" tra le prospettazioni iniziali. Per quanto attiene alla prova del rapporto transattivo, l' assoggettamento della transazione alla prova per iscritto, a norma dell' art. 1967 cod.civ., comporta che devono risultare documentalmente tutti gli elementi essenziali di tale negozio, ivi compreso quello della reciprocità delle concessioni. Pertanto, non può essere attribuito il valore di un negozio transattivo alla scrittura privata attestante l' avvenuta consegna di una somma di danaro, qualora dal documento, pur in presenza di espressioni verbali afferenti alla volontà di rilasciare ampia quietanza liberatoria, non risulti su quali contrapposte pretese e su quali diritti viene ad incidere l' effetto abdicativo del negozio, così da delineare l' ambito preclusivo di ulteriori pretese da parte del soggetto autore della quietanza.

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