Cass. civile, sez. II del 1953 numero 3690 (12/12/1953)


I beni comunali soggetti ad usi civici, costituenti il cosiddetto demanio universale, pur non potendo essere classificati fra quelli demaniali in senso tecnico, non sono soggetti neppure al regime giuridico dei beni patrimoniali degli enti pubblici previsto dal codice civile e dalle leggi di diritto pubblico, ma alla disciplina particolare della legge 16 giugno 1927 n. 1766. Per effetto di questa legge, che corrisponde nelle grandi linee al diritto previgente nelle attuali province meridionali, sono riaffermeti i principi di usucapibilità e imprescrittibilità dei diritti su detti beni, nonchè quello della loro inalienabilità ( che cade soltanto se osservate le forme prescritte dall'art. 12 della legge 1766/27 e dall'art. 39 reg. 332/28) e della immutabilità della destinazione, nei sensi determinati dalla legge stessa. Di conseguenza non è possibile per analogia dalle norme concernenti il demanio, una tacita sclassificazione dei beni anzidetti, nel senso di una tacita cessazione degli usi o di un tacito mutamento di destinazione. Nè è valida una enfiteusi costituita sui beni stessi, se non sono state osservate le forme prescritte dall'art. 12 della legge 1766/27 e dal regolamento 332/28. Il possesso, a titolo di enfiteusi invalida, di beni soggetti ad uso civico, è improduttivo non solo di usucapione, ma anche di tutti gli altri effetti tipici del possesso, compreso lo ius retentionis riconosciuto al possessore di buona fede.

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