Cass. civile, sez. I del 2005 numero 13442 (22/06/2005)


Qualora una clausola statutaria di società di capitali preveda che i due componenti del consiglio di amministrazione possono compiere disgiuntamente gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, con la sola eccezione di quei particolari atti per i quali ciascun amministratore avrebbe dovuto essere preventivamente delegato dall'assemblea ordinaria (cioè dall'altro socio) la limitazione riguarda non l'esistenza del potere di rappresentare la società, bensì il contenuto e, quindi, la estensione di tale potere, con conseguente inopponibilità ai terzi, ai sensi dell'articolo 2384, comma 2, del Cc della previsione statutaria in ordine alla necessità per certi atti, della azione congiunta degli amministratori. (Nella specie, uno dei componenti del consiglio di amministrazione, senza la deliberazione dell'assemblea ordinaria aveva sottoscritto un compromesso e i giudici del merito avevano ritenuto la nullità del compromesso nonché del lodo emesso in esito a questo: in applicazione del principio esposto sopra la Suprema corte ha cassato tale pronuncia atteso che la carenza di previa deliberazione dell'assemblea dei soci era in opponibile alla controparte, salvo che non fosse stato provato che questa aveva agito intenzionalmente a danno della società).

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