Cass. civile, sez. I del 2002 numero 11597 (02/08/2002)


In tema di regolamento delle spese processuali, la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità, nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell'ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall'art. 91 c.p.c., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa. La valutazione dell'opportunità della compensazione totale o parziale rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca sia in quella della sussistenza di giusti motivi e, pertanto, esula dal sindacato di legittimità, salva la possibilità di censurarne la motivazione basata su ragioni illogiche o contraddittorie. Il giudice può compensare le spese processuali per giusti motivi senza obbligo di specificarli, atteso che l'esistenza di ragioni che giustifichino la compensazione va posta in relazione e deve essere integrata con la motivazione della sentenza e con tutte le vicende processuali, stante l'inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese medesime, non trovando perciò applicazione in tema di compensazione per giusti motivi il principio sancito dall'art. 111, comma 6, cost. (a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1 legge cost. n. 2 del 1999), secondo cui ogni provvedimento giurisdizionale deve essere motivato. Il potere del giudice di compensare le spese processuali per giusti motivi non è, d'altra parte, in contrasto con il principio dettato dall'art. 24, comma 1, cost., giacché il provvedimento di compensazione non costituisce ostacolo alla difesa dei propri diritti, non potendosi estendere la garanzia costituzionale dell'effettività della tutela giurisdizionale sino a comprendervi anche la condanna del soccombente.

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