Cass. civile, sez. I del 1999 numero 2325 (16/03/1999)


Nell' ordinamento giuridico italiano, l' irrilevanza della riserva mentale si ricollega ai principi dell' affidamento e della buona fede nei rapporti giuridici, che costituiscono principi di ordine pubblico, pertanto, in sede di delibazione delle sentenze del Tribunale ecclesiastico dichiarative della nullità del matrimonio concordatario per riserva mentale di uno dei due coniugi relativa ad uno dei " bona matrimonii", spetta al giudice investito del giudizio di delibazione valutare la conoscenza o conoscibilità di tale riserva da parte dell' altro coniuge, attraverso un' indagine che non si risolve nel mero controllo di legittimità della sentenza ecclesiastica di nullità, ma si estende al riesame ed alla autonoma valutazione delle prove acquisite nel processo canonico, senza che, peraltro, sia ammissibile, nel giudizio di Cassazione sulla sentenza di delibazione, la richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, che si risolverebbe nella richiesta di un nuovo giudizio di merito, laddove il controllo della Cassazione è limitato alla conformità alla legge sostanziale e processuale e non si estende alla "giustizia" della decisione.In sede di delibazione della sentenza di nullità del matrimonio concordatario per riserva mentale, negare ogni validità alla testimonianza "de relato ex parte actoris" può costituire soltanto un orientamento di massima, da riscontrare di volta in volta secondo la particolarità del caso concreto, dovendosi escludere la conoscibilità diretta di intuizioni e stati d' animo del nubente, delle cui confidenze sono destinatari elettivi i parenti più prossimi, e non potendo il giudice esigere, per il principio della libera prova e, in mancanza di diversa disposizione di legge, un mezzo di prova diverso da quello disponibile, salvo valutarne il risultato, una volta esperito, secondo il proprio apprezzamento.

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