Cass. civile, sez. I del 1985 numero 3769 (22/06/1985)


Ciascun soggetto ha interesse, ritenuto generalmente meritevole di tutela giuridica, di essere rappresentato, nella vita di relazione, con la sua vera identità, così come questa nella realtà sociale, generale o particolare, è conosciuta o poteva essere riconosciuta con l'esplicazione dei criteri della normale diligenza e della buona fede oggettiva; ha, cioè, interesse a non vedersi all'esterno alterato, travisato, offuscato, contestato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale, ecc. quale si era estrinsecato od appariva, in base a circostanze concrete ed univoche, destinato ad estrinsecarsi nell'ambiente sociale. Questo divieto all'identità personale non può trovare fondamento nelle forme degli art. 7 e 10 c.c. in quanto in sede interpretativa non si può alterare il contenuto normativo dell'art. 7 e dell'art. 10 oltre i limiti consentiti dallo strumento dell'interpretazione estensiva e non si possono attribuire alle due norme una portata innovativa incompatibile con la loro struttura. Infatti, i segni distintivi identificano il soggetto sul piano dell'esistenza materiale e della condizione civile e legale e l'immagine evoca le mere sembianze fisiche della persona; l'identità rappresenta, invece, una formula sintetica per contraddistinguere il soggetto da un punto di vista globale nella molteplicità delle sue specifiche caratteristiche e manifestazione. Tale diritto, mirando a garantire la fedele e completa rappresentazione della personalità individuale del soggetto nell'ambito della comunità, generale e particolare, in cui tale personalità individuale è venuta svolgendosi, estrinsecandosi e solidificandosi, trova il fondamento giuridico-positivo della sua tutela nell'art. 2 cost. clausola aperta e generale di tutela del libero ed integrale svolgimento della persona umana.L' interesse della persona, fisica o giuridica, a preservare la propria identità personale, nel senso di immagine sociale, cioè di coacervo di valori (intellettuali, politici, religiosi, professionali ecc.) rilevanti nella rappresentazione che di essa viene data nella vita di relazione, nonché, correlativamente, ad insorgere contro comportamenti altrui che menomino tale immagine, pur senza offendere l' onore o la reputazione, ovvero ledere il nome o l' immagine fisica, deve ritenersi qualificabile come posizione di diritto soggettivo, alla stregua dei principi fissati dall' art.. 2 della costituzione in tema di difesa della personalità nella complessità ed unitarietà di tutte le sue componenti, ed inoltre tutelabile in applicazione analogica della disciplina dettata dall' art.. 7 cod. civ. con riguardo al diritto al nome, con la conseguente esperibilità, contro i suddetti comportamenti, di azione inibitoria e di risarcimento del danno, nonché possibilità di ottenere, ai sensi del secondo comma del citato art.. 7, la pubblicazione della sentenza che accolga la domanda, ovvero, se si tratti di lesione verificatasi a mezzo della stampa, anche la pubblicazione di una rettifica a norma dell' art.. 42 della legge 5 agosto 1981 n.. 416. (Nella specie, un' intervista concessa dal direttore dell' istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori era stata utilizzata, mediante subdola estrapolazione di alcune frasi dal complessivo contesto, per avvalorare una campagna promozionale della vendita di sigarette "leggere", come se quel direttore, anziché contrario ad ogni uso di tabacco, si fosse manifestato in senso favorevole al consumo di dette sigarette. La S.C., risultando accertato dal giudice del merito che siffatta utilizzazione dell' intervista distorceva l' immagine sociale dell' istituto e del suo direttore, in relazione alla loro costante opera di prevenzione dei tumori e di campagna contro il fumo, ha ritenuto correttamente accordata dal predetto giudice la tutela contemplata dall' art.. 7 cod. civ., enunciando il principio di cui sopra).

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