Cass. civile, sez. I del 1983 numero 515 (20/06/1983)


In tema di rettificazione di attribuzione di sesso, secondo la nuova disciplina introdotta dalla legge 14 aprile 1982 n. 164, l'art. 1 di detta legge autorizza l'attribuzione di un sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita non soltanto nel caso di evoluzione naturale di situazione originariamente non ben definita, od apparentemente definita, ancorché coadiuvata da interventi chirurgici diretti ad evidenziare organi già esistenti ed a promuoverne il normale sviluppo, ma anche nel caso in cui, sulla base di una dichiarata psicosessualità in contrasto con la presenza di organi chiaramente dell'altro sesso, si intervenga con operazioni demolitorie e ricostruttive, alterando organi esistenti per conferire al soggetto la mera apparenza del sesso opposto; il successivo art. 5 non consente, anche nella seconda di dette ipotesi, e nemmeno a seguito di autorizzazione del giudice, che il terzo venga a conoscenza degli originari dati anagrafici, e, quindi, del sopravvenuto mutamento di sesso. Ciò posto, non è manifestamente infondata la questione di legittimità delle citate norme, in relazione agli artt. 2, 3, 29, 30 e 32 della costituzione, atteso che la rettificazione di sesso, con la sopra specificata estensione e segretezza, potrebbe implicare una violazione dei suddetti inderogabili precetti costituzionali, interferendo sulla tutela della persona umana, nella sua identità complessiva e nella sua vita di relazione, nonché sulla tutela della salute, sconvolgendo l'ordine naturale della società familiare, mediante uno squilibrio di ruoli anche nei rapporti con i figli, determinando un anomalo scioglimento di matrimonio preesistente, consentendo la celebrazione di nuovo matrimonio radicalmente nullo, ed interferendo, infine, sulle irrinunciabili esigenze di certezza dei terzi, con pericoli di turbamento della vita dei singoli e della vita collettiva.

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