Azioni speciali e loro conversione automatica in ordinarie a seguito di trasferimento


Massima

Una società per azioni può emettere azioni dotate di particolari diritti amministrativi prevedendo che, in caso di loro trasferimento a terzi da parte del sottoscrittore, tali diritti vengano meno con automatica conversione delle stesse in azioni ordinarie.

Motivazione

1) La fattispecie ed il quesito

Una società per azioni delibera l'emissione di una categoria speciale di azioni i cui titoli sono dotati, oltre che dei normali diritti incorporati nelle azioni ordinarie, di alcune particolari prerogative (c.d. voto determinante) in materia di delibere di nomina di amministratori e sindaci tramite la presentazioni di liste, di delibere in materia di operazioni straordinarie e di autorizzazioni gestorie ex art. 2364 n. 5 cod. civ.. Il regime circolatorio di dette azioni, emesse a seguito di aumento di capitale a pagamento offerto in opzione ai soci e da questi non optate per consentire l'ingresso di un nuovo soggetto (investitore istituzionale), prevede che in caso di trasferimento a terzi da parte del sottoscrittore esse si convertano automaticamente in azioni ordinarie, perdendo dunque i particolari diritti che avevano al momento dell'emissione.

Si pone il dubbio se tale clausola sia compatibile con il tipo società per azioni sotto il duplice profilo del possibile contrasto con la naturale trasferibilità dei titoli azionari e con il divieto di attribuzione di posizioni soggettive diversificate a singoli azionisti rispetto agli altri, se ancora esistente.

2) La soluzione

Si ritiene di fornire al primo quesito una risposta positiva, in quanto non si tratta di clausola che vieta il trasferimento della partecipazione azionaria ma di clausola che limita unicamente la circolazione dei “particolari diritti” incorporati nel titolo in aggiunta ai normali diritti delle azioni ordinarie, assicurando peraltro all'azionista, attraverso il meccanismo di conversione automatica dei titoli in azioni ordinarie, la totale libertà di uscita dalla compagine sociale con una ammissibile compressione della valutazione economica. In sostanza al verificarsi di un certo evento il contenuto dell’azione viene ad essere modificato ma la partecipazione circola liberamente.

Quanto al secondo quesito si ritiene che, anche sotto tale profilo, la clausola sia pienamente compatibile con il tipo società per azioni in quanto, ammesso e non concesso che all'interno di una società per azioni (a differenza di quanto espressamente consentito dal legislatore nelle società a responsabilità limitata) non siano ipotizzabili in assoluto posizioni soggettive dei soci diversificate, il fatto stesso che i diritti particolari siano attribuiti ad una categoria di azioni e non alla persona specifica di un socio esclude comunque la possibilità di ipotizzare un simile contrasto.

La motivazione

A) Dagli artt. 2355 e 2355-bis cod. civ. è desumibile il principio inderogabile che nelle società per azioni non è consentito - se non nei limiti massimi di un quinquennio - introdurre clausole di intrasferibilità assoluta delle partecipazioni per evitare che l'azionista resti prigioniero della società per un tempo troppo lungo, ma non esiste analogo principio per quanto riguarda la necessaria trasmissibilità di eventuali diritti particolari incorporati nel titolo azionario purché quest'ultimo possa circolare. Insomma, il contenuto dell’azione può variare al verificarsi di determinati eventi, purchè ciò non determini un divieto di alienazione del titolo di partecipazione. D'altra parte sono da ritenersi ammissibili clausole statutarie che comprimano in qualche modo il diritto del socio alla percezione integrale del corrispettivo atteso dall'alienazione senza per questo vanificarlo, dal momento che gli interessi di natura patrimoniale ed economica sono rimessi alla valutazione e disponibilità dei soci e non sono espressione di interessi superiori protetti da principi inderogabili.

Per pacifica opinione sia dottrinale che giurisprudenziale già ante riforma nota1, non era compatibile con il tipo società per azioni una clausola statutaria che vietasse in senso assoluto la trasferibilità della partecipazione sociale. A seguito della riforma del 2003, il legislatore ha poi eccezionalmente ritenuta lecita la clausola che vieta tale trasferibilità purchè per un periodo non superiore ad un quinquennio dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto nota2.

La ratio di tale divieto risiede nel non ritenere ammissibile un vincolo di intrasferibilità assoluta delle partecipazioni per un tipo societario aperto al mercato che, per sua intrinseca natura, si articola sulla incorporazione della partecipazione in titoli destinati funzionalmente alla circolazione nota3.

Altrettanto, come noto, non può essere affermato per le società a responsabilità limitata, per la quale l'art. 2469 espressamente ammette che lo statuto preveda l'intrasferibilità assoluta delle partecipazioni, trattandosi di tipo destinato funzionalmente ad operare in una realtà societaria notevolmente più ristretta ed anzi tendenzialmente chiusa.

Ciò che il legislatore non consente nelle s.p.a., dunque, è che la partecipazione non sia trasferibile, ossia che il socio sia costretto a rimanere in società per tutta la durata pattuita anche quando magari cambiano radicalmente le condizioni alle quali aveva aderito all'iniziativa. L’interesse all’agevole disinvestimento costituisce infatti uno dei motivi essenziali della scelta del tipo società per azioni ed il principio di libera circolazione delle azioni un principio che caratterizza il tipo societario in questione nota4.

Per contro, la trasferibilità della partecipazione può ben essere limitata, sia da un punto di vista giuridico che economico, magari imponendo dei correttivi quando il vincolo alla libera circolazione della partecipazione sia particolarmente stringente: da un lato, clausole di gradimento, perfino mero, e clausole di prelazione costituiscono limitazioni di carattere giuridico alla circolazione delle azioni pacificamente ammesse dall’ordinamento. Dall'altro, la clausola di prelazione impropria, con la devoluzione della determinazione del corrispettivo ad un terzo arbitratore, costituisce un esempio di limitazione di carattere economico per il socio uscente - che può non riuscire a ritrarre l’intero controvalore che aveva concordato con il terzo- ritenuta compatibile con il tipo societario nota5.

Tale affermazione si giustifica anche considerando che quello della trasferibilità della partecipazione nelle società per azioni è principio sottratto alla disponibilità delle parti (i soci) nel superiore interesse dell'ordinamento ad avere tipi sociali rispondenti al prototipo legale – che nel caso della spa, come detto, non ammette azioni intrasferibili -, mentre l'eventuale sacrificio di carattere economico mico connesso alla vicenda traslativa - nei limiti in cui non svuoti il diritto del cedente ad un equo corrispettivo per l'alienazione - costituisce pattuizione rimessa alla libera determinazione delle parti del contratto sociale e dunque non incompatibile con il tipo, non ravvisandosi in esso un diritto assoluto del socio all'integrale soddisfacimento economico della sua partecipazione se non nei limiti di una valutazione corretta della sua partecipazione sulla base del valore del patrimonio sociale.

Alla luce di queste considerazioni deve allora essere analizzata la fattispecie oggetto di indagine.
La clausola di automatica convertibilità dell’azione speciale in ordinaria in caso di alienazione a terzi non vieta in alcun modo la trasferibilità della partecipazione che, da un punto di vista giuridico è di per sè pienamente libera: il socio ha il diritto di uscire ad nutum dalla società trasferendo a terzi la partecipazione e l'acquirente acquista le azioni con pieno effetto verso gli altri soci e la società entrando a far parte della compagine sociale. Dunque la fattispecie non urta contro il divieto dell'art. 2355 bis.

La conversione automatica delle azioni da speciali in ordinarie, con conseguente perdita dei diritti particolari amministrativi in esse incorporate, determina invece un mutamento del contenuto della partecipazione la quale, rappresentata da titoli muniti di diritti particolari in sede di emissione, viene a perdere tali peculiarità per cui questi ultimi, pur essendo incorporati in un titolo azionario liberamente circolante, non possono essere a loro volta attribuiti a soggetti diversi dal sottoscrittore iniziale.

Tale limitazione, come detto, non sembra urtare con alcun principio inderogabile dell’ordinamento in materia di società per azioni, trattandosi piuttosto di una legittima espressione di autonomia negoziale nota6, e si ritiene rilevi semmai su un piano squisitamente economico: di fatto la clausola non consente all'alienante di lucrare il corrispettivo di tale “bonus” dall'acquirente della partecipazione, che non acquista – anche - tali diritti bensì – solo - azioni ordinarie. Verosimilmente dunque egli non sarà disponibile a riconoscere alcun plusvalore alla partecipazione acquistata.

Il meccanismo della conversione è destinato ad operare su un piano pienamente disponibile dai contraenti e non pregiudica, quindi, alcun diritto indisponibile dell'azionista.

B) Articolare il regime circolatorio di azioni appartenenti ad una categoria speciale in modo tale che i diritti particolari in esse incorporati non possano essere trasferiti a terzi non comporta l’automatica attribuzione di diritti ad personam del singolo socio.

La tecnica utilizzata nella fattispecie oggetto di analisi è quella non di attribuire direttamente alla persona del socio certi particolari diritti, ma di incorporarli in titoli azionari da sottoscrivere in sede di costituzione, per assicurare ai fondatori certi vantaggi, od a seguito di un aumento di capitale, nell'ambito di un'operazione di apporto di risorse finanziarie in vista di un progetto di sviluppo imprenditoriale.

Nella vicenda concreta che ha dato lo spunto a questa riflessione, le azioni in questione sono state emesse appunto nell'ambito di un aumento di capitale offerto in opzione a tutti i soci e non sono state riservate ab origine ad un soggetto particolare. Ciò consente di affermare che nella volontà della società espressa dall'assemblea in sede di delibera di aumento, il diritto riconosciuto alle azioni in aggiunta alle prerogative delle azioni ordinarie doveva essere attribuito ai titoli in sè indipendentemente da chi li avesse sottoscritti, e non ad un soggetto determinato.

La finalità concreta era quella di assicurare al sottoscrittore, con l’accordo di tutti i soci che rinunciavano al diritto di opzione, di poter godere di una situazione giuridicamente privilegiata rispetto agli altri azionisti “a protezione” del suo investimento in società, un modo insomma per invogliare l’impiego di risorse finanziarie nel capitale di rischio di un’impresa. Tale finalità è pienamente legittima e lo stesso legislatore della riforma ha dimostrato di incoraggiarla ampliando a dismisura il panorama degli strumenti finanziari da offrire agli investitori a questo scopo.

Per favorire un investimento, dunque, si procede attraverso l’emissione di una categoria speciale di azioni. Infatti sul presupposto che le prerogative riconosciute a quella certa categoria di azioni (i particolari diritti) siano compatibili con il tipo società per azioni e non urtino con principi inderogabili dell'ordinamento, l'emissione dei titoli dà vita ad una categoria speciale di azioni i cui diritti particolari, in assenza della clausola di conversione in azioni ordinarie in caso di trasferimento a terzi, potrebbero circolare ed essere trasferiti liberamente con le azioni.

Aver previsto il venir meno dei particolari diritti nel caso di alienazione a terzi delle azioni speciali da parte del sottoscrittore non toglie che lo strumento utilizzato risulti pienamente legittimo, in quanto comunque tali diritti ineriscono all'azione e non al suo titolare e il loro venir meno non determina altro che un mutamento del contenuto delle azioni stesse.

Tecnicamente infatti l’obiettivo di limitare i particolari diritti ad un certo soggetto –il sottoscrittore iniziale, chiunque egli sia- viene raggiunto attraverso la previsione statutaria e da riprodursi sui titoli ai sensi dell’art. 2354, III° c. n. 5) cod. civ., di un meccanismo condizionale: al verificarsi di un evento futuro ed incerto non meramente potestativo –il “trasferimento” a terzi soggetti delle azioni- i particolari diritti attribuiti ai titoli vengono meno. Sembra doversi ammettere la piena liceità di tale strumento, cosi’ come deve concludersi per la piena ammissibilità di clausole statutarie in cui al verificarsi di un certo evento possano variare i diritti incorporati nei titoli ad esempio in materia di privilegio sugli utili (che potrebbe venir meno nel caso in cui, per due o più esercizi, il bilancio presentasse risultati insoddisfacenti) ovvero in materia di diritti amministrativi (e quindi condizionare certi diritti di voto a eventi futuri e incerti). La fantasia qui potrebbe correre a dismisura, tenuto conto dell’ampia apertura dettata dal legislatore in materia di categorie speciali di azioni rispetto alla previgente sostanziale “tipicità” delle azioni di risparmio e privilegiate.

Quanto alla possibilità di accertare l’avveramento della condizione e dunque il venir meno dei particolari diritti, si pone la seguente alternativa: se il titolo viene trasferito mediante girata, l’evento condizionante (il trasferimento a terzi) risulterà anch’esso dall’azione, che potrà continuare a circolare successivamente alla prima girata come azione ordinaria; se il titolo viene trasferito mediante negozio traslativo, quando il cessionario lo presenterà agli amministratori per l’emissione di uno nuovo a suo nome, quest’ultimo verrà emesso come semplice azione ordinaria.

Resta sullo sfondo un altro problema, che non incide sulle conclusioni raggiunte in ordine alla fattispecie analizzata ma che ne è indirettamente coinvolto: quello della sussistenza del principio, tanto scontato quanto poco approfondito nelle analisi ante riforma e che anche successivamente è stato riproposto nota7, che nega l'ammissibilità di posizione soggettive statutariamente diversificate nell'ambito delle società per azioni - possibilità invece espressamente ammessa per le società a responsabilità limitata -.

Senza voler prendere posizione sulla vigenza di tale principio dopo le modifiche apportate dal legislatore con la riforma e riservando tale analisi ad un successivo approfondimento, si rileva che i profili di criticità con tale supposto principio sembrano da ritrovarsi, semmai, unicamente nel caso in cui ricorrano contemporaneamente due elementi: a) che l’emissione di azioni speciali munite dei diritti in discorso sia riservata ab initio ad uno o più soggetti predeterminati e b) che i titoli non siano in alcun modo trasferibili a terzi da parte del sottoscrittore.

Si ritiene cioè che l’emissione di azioni speciali offerta in sottoscrizione a tutti i soci, ai quali viene accordato l’esercizio del diritto di opzione, non ponga profili problematici, poichè la delibera di aumento cosi’ impostata esclude che l’operazione sia volta a creare posizioni diversificate tra i soci. Diversa conclusione dovrebbe invece raggiungersi nel caso in cui l’aumento venisse deliberato con esclusione o limitazione del diritto di opzione, perchè in tal caso la delibera assembleare sarebbe essa stessa volta a creare la diversità di posizioni giuridiche tra i vecchi soci e i soggetti cui l’aumento fosse in tutto o in parte riservato.

Ancora, nessun profilo problematico dovrebbe essere rinvenuto qualora l’aumento di capitale dalla cui esecuzione deriva l’emissione delle azioni speciali, pur deliberato con esclusione o limitazione del diritto di opzione, avesse ad oggetto azioni che – sia pure solo in ipotesi specifiche e determinate- potrebbero comunque essere trasferite ad un diverso soggetto senza che ciò ne determini l’automatica conversione in azioni ordinarie. Ad esempio, nel caso in cui le azioni speciali mantengano invariato il loro contenuto nell’ipotesi di trasferimento ad altre società del gruppo cui appartiene il sottoscrittore, o a società/soggetti dallo stesso controllati o collegati o comunque a lui riferibili, o nel caso di incorporazione o scissione del socio sottoscrittore con attribuzione dei titoli a nuovi o diversi soggetti.

La conclusione

È legittima l’emissione di una categoria speciale di azioni offerte in opzione a tutti i soci che attribuiscono al sottoscrittore particolari diritti (in materia di voto e/o di remunerazione) in aggiunta a quelli incorporati dalle azioni ordinarie prevedendo che, nel caso di trasferimento dei titoli a terzi, esse si convertano automaticamente in ordinarie mutando il loro contenuto.

Note

nota1

Cfr. per tutti: C.Angelici, La circolazione della partecipazione azionaria, in Colombo e Portale (diretto da), Trattato delle S.p.A. , Torino, 1991, 211; L. Stanghellini, I limiti statutari alla circolazione delle azioni, Milano 1997, p. 349.
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nota2

Per una analisi del nuovo articolo 2355-bis cod. civ., vedi tra gli altri: A. Dentamaro, Commento all’art. 2355 bis in Cottino e Bonfante, Cagnasso, Montalenti (diretto da), Il nuovo diritto societario, Zanichelli, 2004, pp. e ss
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nota3

L’art. 4,I° c., della l. 366/2001 include tra i principi generali in tema di società per azioni non la libera circolazione delle azioni ma la loro semplice circolazione, che pertanto può ben essere limitata ma non esclusa.
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nota4

Cosi la Relazione alla riforma, par. 4.3.6.
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nota5

Sulla validità della prelazione impropria da ultimo Trib. Alba, 14 gennaio 1998, in Società, 1998, p. 1055 e, in precedenza, Cass. 16 gennaio 1970 n.91, in Dir. Fall. 1970, II, 801.
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nota6

Per un deciso favor dell’autonomia privata in materia di limitazioni al trasferimento delle azioni si esprime senza incertezze la Relazione al punto in precedenza citato.
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nota7

Da ultimo, per la conferma di detto principio salve le eccezioni espressamente contemplate dalla legge: M. Notari, Le categorie speciali di azioni, in Abbadessa e Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, Torino 2007, pp. 610 e ss..
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