Azioni nominative e azioni al portatore



I primi due capoversi dell'art. 2343 cod.civ. ribadiscono da un lato la regola generale secondo la quale, in linea di principio, titoli azionari possono essere emessi in forma di titoli nominativi ovvero di titoli al portatore a scelta dell'azionista, e dall'altro lato i casi in cui, in deroga a tale possibile alternativa, il sistema dispone diversamente, richiedendo obbligatoriamente la nominatività.
La prima di tali deroghe è rimessa dal I comma dell'art. 2354 cod.civ. all'autonomia dei soci, i quali, con apposita clausola dello statuto, conservano la possibilità di escludere il diritto di scelta dell'azionista, e di disporre che tutte le azioni siano necessariamente nominative nota1, in virtù dell'interesse organizzativo che per i soci riveste la legge di circolazione della partecipazione azionaria.
Parimenti confermata risulta, ad opera del successivo capoverso dell'art. 2354 cod.civ., l'altra eccezione alla regola generale sopra indicata, relativa alle azioni non interamente liberate, che devono essere necessariamente nominative in considerazione della responsabilità dell'alienante prevista dall'art. 2356 cod.civ., così come tuttora previsto, per le azioni con prestazioni accessorie, dall'art. 2345, II comma. cod.civ., che non ha subito modifiche in sede di riforma.
A prima vista, l'unico elemento di novità in materia sembrerebbe essere quindi costituito dal richiamo, operato dal primo capoverso del riformulato art. 2354 cod.civ., alla "legislazione speciale", della quale non si faceva infatti menzione nel I comma dell'abrogato art. 2355 cod.civ.. Possiamo affermare che la portata della modifica introdotta dal legislatore delegato è apprezzabile solo sotto il profilo formale, mentre dal punto di vista sostanziale non segna affatto soluzioni di continuità rispetto all'assetto normativo in vigore prima della riforma nota2.
Risulta quindi evidente che, attraverso il richiamo alla "legislazione speciale" operato dal nuovo art. 2354 cod.civ., il legislatore delegato abbia semplicemente voluto confermare il principio della nominatività obbligatoria delle azioni sancito dalla Legge 9 febbraio 1942, n. 96 e ribadito dalla riforma tributaria del 1973, limitandosi, sul piano formale, ad inserire nel codice civile la previsione derogatoria che la legislazione speciale aveva introdotto alla facoltà del socio di scegliere fra azioni nominative e azioni al portatore.
Restano invariate, per il resto, le eccezioni alla nominatività obbligatoria già presenti nel sistema anteriormente alla riforma: la prima di esse riguarda le azioni di risparmio introdotte dalla Legge 216/1974, che possono essere emesse in forma nominativa ovvero anche al portatore da società le cui azioni ordinarie siano quotate in mercati regolamentari italiani o di altri paesi dell'Unione Europea (art. 145, III comma , D.Lgs. 58/98); la seconda eccezione riguarda invece le azioni emesse dalle società a capitale variabile, che possono essere nominative o al portatore a scelta dell'azionista (art.45, IV comma, D. Lgs. 58/98).

Il D.Lgs. 344 del 2003 non si occupa del problema della nominatività degli strumenti finanziari.
Particolare attenzione al problema è invece posta nella relazione predisposta dalla Commissione Gallo, incaricata di studiare le modifiche da introdurre all'attuale testo unico delle imposte sui redditi per adattarlo ai nuovi istituti previsti dalla riforma del diritto societario.
È stato, in particolare, esaminato se le nuove disposizioni dell'art. 2354 cod.civ., che prevedono la possibilità di emissione di azioni al portatore, comportassero automaticamente il superamento dell'obbligo di nominatività dei titoli azionari previsto originariamente dalla L. 1745/62 e poi trasfuso nell'art. 74 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In particolare, si è trattato di stabilire se la legge in questione e, soprattutto, il decreto presidenziale richiamato, potessero essere considerati "una legge speciale" e, come tale, fatta salva espressamente proprio dall'art. 2354 cod.civ.. Al riguardo, la Commissione ha ritenuto di poter fornire risposta affermativa. Non sembrano, infatti, essere venute meno le motivazioni e le giustificazioni, pure di diritto, che consentirono al legislatore fiscale di disporre la nominatività obbligatoria dei titoli azionari, pur in presenza di una disciplina civilistica che anche allora non la prevedeva. Del resto, "la specialità" della legge fiscale è alla base dello stesso decreto che ha costituito questa Commissione, che ha il compito di adeguare, all'intervenuta riforma civilistica, le norme fiscali. Nessuno immagina, infatti, che da una disposizione di tipo civilistico possa derivare la tacita abrogazione di una norma fiscale (tanto più se si tratta della disciplina dell'accertamento delle imposte sui redditi), ma solo che quest'ultima possa non essere adeguata alla novità introdotta: la revisione, quindi, discende eventualmente da motivi di opportunità, non di vuoto legislativo creatosi per successioni di leggi nel tempo. Inoltre, nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo, nel punto in cui si commentano le modifiche all'art. 2370 cod.civ., la L. 1745/62 viene definita come "una legge speciale". Pertanto, la Commissione Gallo non ha ritenuto necessario proporre alcuno schema di norma che ribadisse l'obbligo di nominatività dei titoli azionari nota3.
Dal punto di vista fiscale, appare comunque inevitabile che ogni strumento finanziario assimilabile alle azioni sia soggetto a regime di nominatività; ciò per consentire il flusso di informazioni, attraverso il Modello 770, dall'emittente o dagli intermediari finanziari che intervengano in operazioni suscettibili di generare redditi imponibili, all'Amministrazione finanziaria.

Note

nota1

Si ritiene in dottrina che tale esclusione delle facoltà di scelta dell'azionista sia a senso unico, nel senso cioè di imporre obbligatoriamente la nominatività di tutte le azioni, mentre o statuto non potrebbe invece disporre che le azioni debbano rimanere al portatore contro la volontà dei possessori dei titoli: in questo senso cfr. Visentini, voce Azioni di società, in Enc.dir., p. 996.
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nota2

E' noto infatti che l'alternativa fra azioni nominative ed azioni al portatore, originariamente prevista dall'art. 2355 cod.civ. (ed ora ribadita dall'art. 2354, I comma, cod.civ.), era nella realtà dei fatti rimasta lettera morta ancor prima che il libro V del codice civile del 1942 entrasse in vigore. Esigenze di ordine fiscale, attinenti alla necessità di prelievo della ricchezza da parte dello Stato, avevano indotto il legislatore ad introdurre, con il R.D. 25 ottobre 1941, n. 1148 (convertito con modifiche nella legge 9 febbraio 1942, n.96), il regime della nominatività obbligatoria per tutti i titoli azionari emessi da società aventi sede nello Stato italiano, ed a disporre per queste ultime la sospensione dell'applicazione delle norme del libro V del codice civile relative alle azioni al portatore. Da allora la nominatività obbligatoria ha vissuto fasi alterne, registrando nel tempo un movimento altalenante a seguito dei persistenti tentativi, posti in essere dal 1945 in poi, di introdurvi deroghe ovvero di tradirne le finalità fiscali. Cfr. Caratozzolo-Di Amato-Dimundo-Lo Cascio-Muscolo-Proto, Società per azioni, (a cura di Lo Cascio), Milano, 2003, pp. 115 e ss.
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nota3

Ci si è inoltre posti il problema dei nuovi strumenti finanziari partecipativi, ora previsti dal codice civile. Sul punto la Commissione ritiene che le remunerazioni di tali strumenti debbano essere qualificate come "utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti". L'ulteriore questione che si è posta è stata quella di stabilire se detta qualificazione sia sufficiente per affermare senza alcun dubbio che anche per questi strumenti finanziari sussiste l'obbligo di nominatività o se, invece, sia necessaria una norma di legge che lo precisi espressamente e che disponga la conversione obbligatoria di tali strumenti in titoli partecipativi nominativi, ove emessi in forma diversa. La Commissione ritiene che la qualificazione effettuata debba intendersi ad ogni effetto per quanto riguarda le imposte sui redditi e, quindi, da essa discende automaticamente anche l'obbligo di nominatività. Relativamente all'introduzione di una norma che imponga la trasformazione degli strumenti finanziari non nominativi in strumenti nominativi, la Commissione ritiene che una norma di tal genere non rientri nella sua competenza trattandosi di una questione che investe delicate valutazioni politiche. Cfr. Piazza, Azioni, obbligazioni e strumenti finanziari partecipativi nella riforma fiscale, in Il fisco, n.5/2004, pp. 620 ss.
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Bibliografia

  • CARATOZZOLO-DI AMATO-DIMUNDO-LO CASCIO-MUSCOLO...., Società per azioni , Milano, a cura di Giovanni Lo Cascio, 2003
  • PIAZZA, Azioni, obbligazioni e strumenti partecipativi nella riforma fiscale, Il Fisco, 5, 2004
  • VISENTINI, voce Azioni di società, Enc. dir.

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