Azione intesa a far valere l'obbligo della collazione



Viene comunemente riconosciuta a favore dei coeredi del donatario un'azione intesa a far valere l'obbligo afferente alla collazione. Occorre mettere a fuoco la concreta modalità di operare della stessa: infatti chi reputa che la collazione operi automaticamente, configura la medesima come avente quale contenuto quello dell'accertamento del diritto acquisito in favore dei coeredi che non hanno fruito di liberalità donative nota1. Se invece si ritiene (come è preferibile) che l'automaticità abbia a che fare con l'insorgenza del diritto alla collazione, fermo restando che l'attuazione di esso sia rimessa alla condotta dell'obbligato, appare chiaro come l'attenzione sia volta al comportamento di quest'ultimo (Cass.Civ. Sez.II, 956/67 ). Rammentato che costui può scegliere tra la restituzione del bene in natura o l'imputazione quando si tratti di immobili, diversamente dovendo effettuare quest'ultima (con l'ulteriore precisazione che, venendo in esame una precedente donazione di denaro, occorrerà uniformarsi alla prescrizione di cui all' 751 cod.civ.), è ipotizzabile nel caso di inerzia del coerede donatario di enti immobiliari il ricorso all'autorità giudiziaria onde far fissare, analogamente a quanto dispone l'art.481 cod.civ. (actio interrogatoria ) un termine all'esercizio della facoltà di scelta nota2. Nelle ulteriori ipotesi, una volta guadagnata l'idea che l'imputazione consiste in un concreto riversamento di denaro nell'asse, sembra agevole la qualificazione dell'azione di collazione in chiave di un'azione di condanna. Nell'ipotesi in cui la collazione riguardasse denaro e l'asse fosse dotato di liquidità la pronunzia (dichiarativa) potrebbe limitarsi a sancire la sostanziale compensazione tra le reciproche poste ai sensi dell'art. 751 cod.civ. nota3.

Soltanto per completezza è possibile ricordare che la legittimazione attiva a proporre l'azione in parola spetterà ai coeredi che rivestono parallelamente la qualità di discendenti (anche per rappresentazione) o di coniuge del defunto. La legittimazione passiva è specularmente prevista a carico del coerede donatario che rivesta analoga qualità (discendente o coniuge). Ciò a differenza di quanto si può riferire per l'azione di riduzione che spetta ai legittimari (in essi compresi gli ascendenti, esclusi invece dalla collazione) nei confronti di chiunque abbia ricevuto liberalità donative (sia o meno parente del de cuius).

Note

nota1

Casulli, voce Collazione delle donazioni, in N.mo Dig.it., p.459, il quale ravvisa la sostanziale inutilità di siffatta azione incapace di creare alcuna coercibilità in capo al coerede donatario.
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nota2

Così Andrini, La collazione, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, Milano, 1994, t.2, p.135, che paragona questa azione ad un sorta di actio interrogatoria. L'A. esclude inoltre (p.134) la possibilità per i coeredi di giovarsi di un'azione che abbia come risultato "una sorta di esecuzione in forma specifica sul bene stesso", sia pure sulla scorta di un preteso mutamento del titolo (da donationis causa a mortis causa) in forza del quale il coerede donatario risulta essere nella disponibilità del bene già oggetto della liberalità donativa.
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nota3

Andreoli, Contributo alla teoria della collazione delle donazioni, Milano, 1942, p.68.
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Bibliografia

  • ANDREOLI, Contributi alla teoria, Milano, 1942
  • ANDRINI, La collazione, Padova, Successioni e donazioni, II, 1994
  • CASULLI, Collazione delle donazioni, N.mo Dig.it.

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