Atti giuridici in senso stretto



L'atto giuridico, o mero atto, corrisponde a quella condotta umana (che può avere varia consistenza: una dichiarazione, un'operazione materiale) che risulta produttiva di effetti giuridicamente rilevanti, in quanto possa dirsi cosciente e volontaria nota1.

Rispetto agli elementi che consistono nella materialità della condotta (evento), nella coscienza e volontarietà della medesima ( suitas ) e nella volontà degli effetti (intento), il mero atto giuridico è connotato dalla rilevanza dei primi due, dall'indifferenza dell'ultimo nota2 .

Il mero atto, pur compreso nella più ampia categoria del fatto giuridico, se ne distingue proprio per la coscienza e volontà che debbono assistere la condotta dell'agente nota3 . In altri termini, il diritto subordina la produzione degli effetti dell'atto alla sussistenza della capacità di agire del soggetto e dell'elemento psicologico afferente alla suitas della condotta. Non possiede rilievo alcuno l'eventuale volizione dell'agente, sia relativamente all'efficacia tipica, sia con riferimento alle eventuali diverse conseguenze avute di mira da costui.Si può dire che il concetto, così espresso, rieccheggi in un certo senso, nell'ambito penalistico, il concetto di imputabilità, di suitas, concepita come riconducibilità di una condotta all'agente (art. 185 cod.pen. ). Come è evidente, ciò non importa ancora una volontà specifica dell'agente in ordine agli effetti del proprio agire (dolo o colpa), proprio come, nell'ambito del diritto civile, non comporta rilevanza dell'intento (che è propria dell'atto negoziale).

E' importante precisare che il codice civile non prevede alcuna disciplina specifica concernente i meri atti, trattandosi di categoria concettuale elaborata dalla dottrina. La distinzione, lungi tuttavia dall'avere una notazione meramente classificatoria, possiede una notevole importanza pratica ogniqualvolta si tratta, nel silenzio della legge, di decidere, relativamente a fattispecie della consistenza giuridica non qualificata, dei requisiti di capacità, della rilevanza dei vizi della volontà, del perfezionamento stesso dell'atto.

Nell'ambito della categoria dei meri atti è anzitutto possibile distinguere tra atti leciti ed atti illeciti nota4 .

Non è irrilevante osservare che il tema dell'illecito civile, genericamente considerato, è comprensivo tanto di casi assumibili nella categoria dei fatti giuridici (si pensi ai nessi di imputazione della responsabilità c.d. oggettiva, quali ad esempio l'essere proprietario di un veicolo: art. 2054 cod.civ.), quanto sotto quella degli atti giuridici , rispetto ai quali è essenziale la considerazione del dolo o della colpa (art. 2043 cod.civ. ).

Per quanto attiene a questi ultimi, vale a dire agli atti illeciti, si tratta di quelle condotte umane coscienti e volontarie che violano un dovere specifico o generico (responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ove si parla peraltro, più comprensivamente, di fatto illecito).

Secondo l'opinione più diffusa tra gli interpretinota5 , i profili caratterizzanti dei meri atti giuridici leciti consisterebbero :

  1. nell'essere consentiti dall'ordinamento;
  2. nel costituire il risultato di una condotta cosciente e volontaria dell'agente;
  3. nell'identificazione degli effetti come esclusivamente riconducibili alla previsione della legge. La categoria in esame è stata sottoposta a critica, soprattutto in relazione al fondamento del criterio discretivo rispetto all'atto negoziale. In particolare, si è osservato nota6 che anche per quanto attiene al negozio talvolta si producono effetti che non possono essere ritenuti come voluti dalle parti, essendo piuttosto previsti dalla legge. La constatazione dell'esistenza di un siffatto ambito di efficacia dell'atto negoziale, non fa comunque venir meno la rilevanza di esso, quale atto oggettivamente dispositivo delle parti.


Note

nota1

Santi Romano, Atti e negozi giuridici, Milano, 1947, p.3; Mirabelli, L'atto non negoziale nel diritto privato italiano, Napoli, 1954, p.34; Scognamiglio, voce Atto giuridico, in Enc.dir., I, p.589.
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nota2

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.191.
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nota3

Torrente-Schlesinger, Manuale di dir.priv., Milano, 1985, p.144.
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nota4

Cfr.Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p.108.
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nota5

Si veda, in particolare, Candian, Atto autorizzato, atto materiale lecito, atto tollerato. Contributo alla teoria dell'atto giuridico, in Saggi di diritto, vol.III, Milano, 1949, p.447.
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nota6

Panuccio, Le dichiarazioni non negoziali di volontà, Milano, 1966, p.3.
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Bibliografia

  • CANDIAN, Atto autorizzato, atto materiale lecito, atto tollerato, Milano, Saggi di diritto, III, 1949
  • MIRABELLI, L’atto non negoziale nel diritto privato italiano, Napoli, 1954
  • PANUCCIO, Le dichiarazioni non negoziali di volontà, Milano, 1966
  • ROMANO, Atti e negozi, Milano, Frammenti di un dizionario giuridico, 1947
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
  • SCOGNAMIGLIO, Atto giuridico, Enc.for., I


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