Apporti di terzi a patrimonio destinato a specifico affare




Con la deliberazione istitutiva di un patrimonio destinato ai sensi della lettera a) dell'art. 2447 bis cod. civ. è possibile, conformemente a quanto indicato alla lettera d) dell'art. 2447 ter cod. civ. , prevedere che terzi abbiano a conferire un apporto. In tal caso la deliberazione dell'organo amministrativo che dispone nel senso riferito stabilisce anche le modalità di controllo sulla gestione e il metodo di remunerazione dei detti terzi.

È immediatamente rilevabile la somiglianza che la figura presenta rispetto all' associazione in partecipazione di cui agli artt. 2549 e ss. cod. civ. .

Come nell'associazione in partecipazione la gestione dell'attività è riservata alla società, mentre il terzo conferente è titolare, come detto, di un semplice diritto di controllo sulla stessa (cfr. gli artt. 2551 e 2552 cod. civ. ). E' appena il caso di osservare come l'apporto del terzo non configuri in nessun modo un conferimento. Non viene modificata la misura del capitale sociale né in alcun modo i versamenti di denaro o le altre utilità apportate possono essere assimilati a quelli eseguiti dai soci in sede di costituzione della società, di eventuale aumento di capitale ovvero di versamenti in conto futuro aumento di capitale.

Anche l'associato, come il terzo conferente, partecipa agli utili dell'affare (cfr. l'art. 2549 cod. civ. ).

Le cospicue analogie rispetto all'associazione hanno condotto gli interpreti ad ipotizzare l'applicazione all'apporto del terzo di cui all'art. 2447 bis cod. civ. della disciplina della prima anche senza un esplicito rinvio.

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