Annullamento degli atti illegittimi posti in essere dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno




Ai sensi dell'art. 412 cod.civ. gli atti compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno che violino norme di legge o le disposizioni date al riguardo dal giudice o ancora che siano compiuti eccedendo rispetto all'oggetto dell'incarico ovvero ai poteri conferiti dal giudice "possono essere annullati su istanza dell'amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa". La legittimazione attiva è dunque più estesa di quella propria dell'ipotesi di incapacità legale (art.1441 cod.civ.). Prescindendo dal pleonastico rinvio agli eredi del beneficiarionota1, è infatti da rilevare la possibilità di intervento del pubblico ministero.

Analogamente si dispone per gli atti "compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno".

La norma è da porre in stretta connessione con il contenuto del decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. Infatti il medesimo deve indicare (art. 405 cod.civ.) l'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario nonchè gli atti che il quest'ultimo può compiere solo con l'assistenza del detto amministratore. Non è dunque possibile aprioristicamente stabilire se un atto sia annullabile o meno. Occorrerà caso per caso verificare quali attività siano liberamente consentite al beneficiario e quali, invece, debbano vedere la partecipazione in chiave di assistenza o in chiave di rappresentanza legale dell'amministratore di sostegno.

L'annullabilità degli atti che siano posti in essere nel corso dell'amministrazione di sostegno potrà pertanto dipendere:

a) dal compimento di un atto non consentito posto in essere dal beneficiario. Decisivo in questo senso è il contenuto del decreto del giudice tutelare. In ogni caso non potrà trattarsi di un atto necessario a soddisfare le di lui esigenze della vita quotidiana, stante il modo di disporre dell'art.409 cod.civ., il quale prescrive che comunque il beneficiario conservi in tale ambito la capacità di agire;

b) dal compimento di un atto posto in essere dal beneficiario senza il consenso dell'amministratore di sostegno o da quest'ultimo senza che il primo abbia concorso alla relativa decisione. Parimenti essenziale è, al riguardo, il contenuto del decreto, il quale può prevedere un ambito di attività in cui le due volontà (del beneficiario e dell'amministratore) si fondono dando vita ad un atto complesso;

c) dal compimento di atti indifferentemente compiuti dal beneficiario o dall'amministratore di sostegno contrari a norme di legge ovvero alle disposizioni date dal giudice ovvero ancora che siano compiuti eccedendo rispetto all'oggetto dell'incarico (art.412 cod.civ.). Non è agevole interpretare in modo compiuto la disposizione. Da un lato non sembra dubbio che il compimento di atti che contrastino con la legge possano condurre all'invalidità degli stessi. Questo esito tuttavia si produrrebbe per qualsiasi soggetto dell'ordinamento, di guisa che ci si può legittimamente domandare se il legislatore non abbia inteso alludere a qualche cosa di diverso. L'invalidità potrà inoltre scaturire dall'inosservanza delle disposizioni date dal giudice tutelare in sede di provvedimento di nomina dell'amministratore o con separato provvedimento. Qui sorgono le difficoltà più cospicue: qualsiasi difformità, pur anche minima, rispetto alle prescrizioni del giudice darà luogo ad annullabilità dell'atto? Non meno problematico è il riferimento alla figura dell'eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico. Quale differenza tra violazione delle disposizioni date dal giudice ed il detto eccesso? Forse che l'eccesso non si sostanzia ancora una volta nella contrarietà alle disposizioni impartite dal giudice? Come concludere nell'ipotesi di contrasto tra contenuto del provvedimento di nomina e contenuto del provvedimento richiesto dall'amministratore di sostegno onde essere autorizzato al compimento di un determinato atto? Probabilmente il legislatore ha inteso "coprire" nel modo più ampio possibile, a protezione degli interessi del beneficiario" l'area dei possibili vizi rilevanti, senza che tuttavia sia stata presa in considerazione in maniera prioritaria la certezza del diritto e la tutela dei terzi aventi causa dal beneficiario. Appare di tutta evidenza come sia assolutamente delicato il sindacato relativo alla correttezza dell'operato dell'amministratore di sostegno ed alla rispondenza del medesimo ai dettami del provvedimento. Particolarmente difficile si palesa la valutazione di un eventuale condotta dell'amministratore che abbia ecceduto i limiti dell'incarico o, più genericamente, i poteri conferiti dal giudice.

L'azione di annullamento in parola si prescrive nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno.

Note

nota1

Del tutto superflua la precisazione relativa agli eredi che, in quanto tali, sarebbero comunque titolari delle azioni già spettanti al de cuius. Il riferimento della legge agli altri "aventi causa" sembra ritagliato sulla falsariga dell'art. 377 cod.civ..
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