Annullabilità forti e annullabilità deboli, retroattività obbligatoria e reale



Dall'esame del disposto dell'art. 1445 cod.civ. , dettato in tema di annullabilità del contratto in genere, si ricava che è possibile distinguere le cause di annullabilità, per quanto attiene alla consistenza della tutela dei diritti dei terzi subacquirenti, in cause di annullabilità "deboli" (tutte quelle che, pur cagionando invalidità del contratto, rinvengono la propria fonte in cause diverse dall'incapacità legale) e cause di annullabilità "forti", che vengono ad identificarsi nelle fattispecie in cui il disponente è privo di capacità legale. Queste ultime sono accomunate, quanto alla disciplina di cui all'art. 2652, n. 6 cod. civ. , alle cause di nullità del contratto.

Perchè utilizzare l'aggettivazione "deboli" e "forti" riferito alla annullabilità?

La forza del vizio invalidante è da porsi in una relazione di proporzionalità inversa rispetto alla protezione accordata al terzo subacquirente in buona fede (per tale intendendosi il soggetto che abbia acquisito un diritto da colui che, a propria volta, lo aveva acquistato in forza di un titolo affetto da annullabilità).

Se l'annullamento dipende da incapacità legale (annullabilità "forte") il terzo subacquirente, ancorchè in buona fede, è comunque pregiudicato dal vittorioso esperimento dell'azione di annullamento da parte del soggetto legittimato in relazione all'atto intercorso tra l'incapace e il dante causa del subacquirente.

Ne segue che, qualora Tizio, legalmente incapace, aliena un bene a Caio, il quale successivamente lo rivende a Sempronio, l'eventuale azione promossa da Tizio (o meglio: da chi ne ha la legale rappresentanza) nei confronti di Caio per ottenere l'annullamento del contratto è idonea a ripercuotersi anche sull'acquisto effettuato da Sempronio. Ciò del tutto indipendentemente dalla buona fede di costui e dalla priorità della trascrizione del titolo di acquisto effettuata a favore di Sempronio rispetto alla trascrizione della domanda giudiziale intesa all'annullamento dell'atto presupposto (salvo quanto dispone l'art. 2652, n. 6 cod. civ. ). Si parla a tal proposito di retroattività "reale" onde alludere ad un fenomeno di retroazione degli effetti opponibile anche ai terzi subacquirenti.

Questa regola, in relazione a tutte le altre cause invalidanti (vizi della volontà, incapacità naturale, conflitto di interessi) che comportino annullabilità (annullabilità che per questo motivo definiamo "debole"), viene attenuata. L'art. 1445 cod. civ. dispone in queste ipotesi che la pronunzia di annullamento (dell'atto presupposto) non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione. Questo significa che, nonostante la "debolezza" dell'invalidità, sono salvi gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale volta a far dichiarare l'annullamento del contratto, ogniqualvolta sia stata effettuata prima della trascrizione del titolo in base al quale il terzo ha acquistato il proprio diritto. Il terzo stesso non potrà far valere in questo caso la propria buona fede, insussistente in relazione all'astratta possibilità di conoscere la pendenza di una lite afferente alla validità del titolo presupposto nota1.

Una volta pronunziato l'annullamento del contratto per causa diversa da incapacità legale di una delle parti, il terzo subacquirente da una di esse è perciò tutelato dalle prescrizioni di cui alla norma in esame ed ai requisiti da essa previsti, tra i quali spicca la condizione soggettiva della buona fede, intesa come ignoranza del vizio invalidante dell'atto.

Riportandoci ancora una volta all'esempio fatto sopra, Sempronio, in buona fede, semprechè abbia trascritto il proprio titolo anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale proposta da Tizio (ad esempio per difetto di capacità naturale al tempo del perfezionamento dell'atto), vede comunque salvo ed incontestabile il proprio acquisto.

Giova a questo punto precisare il rapporto che si pone tra la natura reale o obbligatoria della retroattività e la forza o debolezza della annullabilità. Questo per sgombrare il campo dall'equivoco che, quest'ultima distinzione non sia altro se non un diverso modo di appellare la prima coppia di concetti.

In questo senso si può riferire che la retroattività che connota le ipotesi di annullabilità "debole" è pur sempre "reale", vale a dire esterna, opponibile ai terzi, sia pure con il limite della tutela del terzo subacquirente quando questi si trovi nella condizione soggettiva di buona fede nota2.

Ciò significa che la valutazione in termini di forza o debolezza dell'annullabilità non si sovrappone, pur essendo connessa, alla qualificazione in termini di realità o obbligatorietà della retroattività.

La retroattività dell'annullabilità è sempre reale, ma può essere debole o forte.

Quella debole è tale perchè, nel caso in cui il terzo subacquirente sia in buona fede e salvi i principi in tema di trascrizione, la tutela di colui che ha promosso l'azione di annullamento deve cedere il passo alla tutela dei diritti del terzo subacquirente stesso, essendo a costui inopponibile l'invalidità nota3.

D'altronde neppure la condizione patologica propria dell'annullabilità c.d. "forte" è illimitatamente opponibile al terzo, ancorchè di buona fede: nel caso di cui al n.6 dell'art. 2652 cod. civ. la tutela del contraente che ha agito per ottenere l'annullamento dell'atto cede il passo alla tutela di tale terzo, una volta che sussistano i requisiti di cui alla norma citata (trascrizione del titolo e decorso dei cinque anni dalla stipulazione dell'atto annullabile).

Rimane infine da chiarire che mentre l'annullabilità che dipende da incapacità legale è sempre "forte", quella afferente a tutte le altre cause non è infatti sempre "debole". E' tale in riferimento all'onerosità dell'acquisto del terzo subacquirente, viceversa può essere considerata "forte" quando l'acquisto è a titolo gratuito.

Note

nota1

V. Mengoni, Gli acquisti a non domino, Milano, 1975, p.365.
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nota2

Si verificheranno partitamente le caratteristiche della retroattività obbligatoria (es.: nel caso di risolubiltà del contratto: art. 1458 cod.civ. ). La risolubilità non è infatti opponibile al terzo, neppure quando questi sia in mala fede, nel senso che egli abbia conoscenza del vizio che inficia l'atto in forza del quale gli viene alienato il diritto. Il solo limite alla tutela dell'acquisto del terzo è dato dai principi in tema di trascrizione della domanda giudiziale volta ad ottenere la risoluzione giudiziale (cfr. art. 1458 cod.civ. ).
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nota3

Cfr. Gentili, Le invalidità, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.1380.
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Bibliografia

  • GENTILI, Le invalidità, Torino, I contratti in generale Gabrielli, II, 1999
  • MENGONI, Gli acquisti a non domino, Milano, 1975

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