Amministrazione disgiuntiva (società di persone)



L'art. 2257 cod. civ. (come modificato dal D.Lgs. 14/2019) dopo aver enunciato che la gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui al II comma dell'art. 2086 cod. civ., spettando esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale, enuncia la regola generale dispositiva riconoscendo, salva diversa pattuizione, a ciascuno dei soci il potere di amministrazione della società.

Mancando divergenti indicazioni nei patti sociali ogni socio deve dunque essere riconosciuto quale amministratore (Cass. Civ. Sez. I, 6419/84 ). E' anche possibile che taluno dei soci amministratori sia addetto ad una specifica attività: in tal caso coloro che ne sono estranei hanno uno specifico diritto di informazione e controllo che va oltre la mera considerazione del bilancio (Cass. Civ., Sez. I, 2962/2017).

Si ritiene al riguardo che il socio possa compiere qualsiasi atto relativo alla gestione sociale nota1, senza che vi sia la necessità di domandare il preventivo parere agli altri soci che fossero dotati di analoghi poteri. L'ampiezza dei poteri di cui ciascuno dei soci amministratori non è tuttavia illimitata. Il II comma della norma in esame si affretta infatti a porre il c.d. diritto di veto, riferendo che, nell'ipotesi in cui l'amministrazione spetti disgiuntamente a più soci, "ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta". Dal tenore letterale della norma emerge anzitutto che l'opposizione all'atto di gestione debba intervenire prima che questo abbia avuto effettivamente luogo. Ne segue che l'opponente non potrà contestare, sotto il profilo in parola, l'efficacia esterna dell'atto che sia stato effettuato. E' altresì chiaro che in tanto vi potrà essere opposizione, in quanto il socio abbia in qualche modo ad esternare all'altro/agli altri il proprio intento, in modo tale da provocare l'eventuale reazione negativa.

La dichiarazione di veto possiede natura di atto unilaterale (quand'anche proveniente da una pluralità di soci) recettizio, non contrassegnato da speciali requisiti formali. L'esternazione del parere negativo non può certo sortire effetto se non nel momento in cui abbia a raggiungere il socio che intende compiere l'atto. V'è addirittura chi reputa che essa debba venire comunicata a tutti gli altri soci nota2.

Una volta intervenuta l'opposizione occorre dirimere la questione. Nulla quaestio, ovviamente, quando il veto fosse stato espresso da tutti gli altri soci. Non occorrerebbe altro per espungere il progettato atto di gestione dal novero delle attività sociali da compiersi. Quando invece l'opposizione fosse stata proposta da uno soltanto dei soci in una società con più di due componenti sarà necessario decidere sulla stessa. Al riguardo il III comma dell'art. 2257 cod. civ. prevede che decida la maggioranza dei soci, "determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili". Non conta dunque che uno o più soci siano sforniti dei poteri di amministrazione. In ogni caso essi prenderanno parte alla deliberazione relativa all'opposizione. Da questo punto di vista occorre mettere in luce come la decisione che ne scaturisce non sia assimilabile ad un atto di gestione positivo. Esso infatti sortirà il semplice effetto di dare il via libera ad un atto già deciso da uno dei soci dotato del potere di amministrazione, ovvero, al contrario, di bloccarne l'operatività. Rimane da stabilire che cosa accada nell'ipotesi di una società composta da due soli soci la cui partecipazione sia paritetica. In questo caso si prospetta infatti una disparità di vedute che, se non composta, rischia di sfociare in un insanabile dissidio (come tale causa di scioglimento della società ex art. 2272 cod. civ. : cfr. Cass. Civ. Sez. I, 11185/01 ). Al riguardo v'è da prendere in considerazione anche la possibilità che uno dei soci domandi la revoca giudiziale dell'altro dalla facoltà di amministrare a norma del III comma dell'art. 2259 cod. civ. (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 879/75 ).

Note

nota1

Ovviamente occorrerà che l'atto rientri nell'oggetto sociale.
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nota

nota2

Ferri, Delle società di persone, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981, p. 125; nel senso invece che risulti necessario semplicemente investire di essa il socio amministratore che intenda agire nel senso avversato, cfr. Ghidini, Società personali, Padova, 1972, p. 368. Quest'ultima opinione pare invero preferibile, anche se si può concordare circa l'opportunità di portare la questione a conoscenza di tutti i soci dotati di potere di amministrazione. Ciò soprattutto in vista dell'eventuale ulteriore fase consistente nella decisione da adottarsi relativamente alla svolta opposizione.
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Bibliografia

  • FERRI, Delle società di persone, Bologna-Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1981
  • GHIDINI, Società personali, Padova, 1972

Prassi collegate

  • Studio n. 110-2019/I, Riflessi del nuovo codice della crisi d’impresa sull’amministrazione delle società di persone

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