99 - Azioni riscattabili e introduzione della clausola di riscatto


Massima

18 maggio 2007

La riscattabilità delle azioni a norma dell'art. 2437-sexies cod. civ., intesa come soggezione delle stesse al potere di riscatto da parte della società o dei soci, può essere una delle caratteristiche ovvero l'unica caratteristica che le differenzia dalle altre azioni che compongono il capitale, concretandosi in tal modo "categoria", a norma dell'art. 2448, 2 comma cod. civ.. La stessa riscattabilità può inoltre essere prevista quale condizione in cui qualsiasi azione può incorrere, al verificarsi di particolari eventi (ad esempio, a seguito del mancato rispetto del diritto di prelazione o di altro vincolo statutario alla circolazione ovvero per il superamento di un predeterminato limite di possesso, sia verso l'alto che verso il basso). La soggezione di azioni o categorie di azioni al riscatto può essere stabilita, oltre che in sede di atto costitutivo, anche con successiva modifica statutaria, purché consti - ove si tratti di attribuire tale carattere ad azioni già in circolazione - il consenso dei titolari di tali azioni. Le azioni riscattabili possono essere invece previste con delibera assembleare adottata con le maggioranze normalmente richieste per le modificazioni dello statuto qualora:
  • sia consentito (e non imposto) ai soci di trasformare le loro azioni in azioni riscattabili ovvero
  • si tratti di aumento di capitale a pagamento con emissione di nuove azioni riscattabili, ovvero
  • la riscattabilità sia prevista quale condizione in cui qualsiasi azione può incorrere al verificarsi di particolari situazioni e - al momento dell'inserimento - nessuno degli azionisti si trovi in tali situazioni (ad esempio, qualora sia previsto che il riscatto possa operare in caso di superamento di una determinata soglia di possesso azionaria, e
nessuno degli azionisti possieda, al momento dell'inserimento, quella quota).

Motivazione

La riforma - sulla scorta di quanto previsto dall'articolo 39 della seconda direttiva comunitaria - ha introdotto nelle regole della s.p.a. l'istituto delle azioni riscattabili, prima di quell'epoca previsto - nel nostro ordinamento - esclusivamente con riferimento ad una delle possibili forme di acquisto delle azioni proprie, ai sensi dell'articolo
2357-bis cod. civ.. Nel diritto previgente la dottrina, tuttavia, aveva tentato di ampliare gli esigui ambiti operativi tracciati dal diritto positivo, ipotizzando la riscattabilità quale sanzione per il caso di inadempimento dell'obbligo di prestazione accessoria, ai sensi dell'articolo 2345. La fattispecie cui l'articolo 2437-sexies cod. civ. (e così la massima) si riferiscono è quella
del riscatto per esercizio del relativo diritto potestativo da parte della società (o dei soci diversi dal socio "riscattato"); non viene quindi in considerazione la diversa situazione - pure considerata dalla dottrina - in cui il diritto di essere riscattato è riconosciuto al socio, situazione probabilmente più prossima al tema del recesso, e la cui diversa
qualificazione può produrre conseguenze applicative particolarmente pregnanti (nell'ambito del recesso la società che si trova ad acquistare azioni proprie non patisce il limite del 10 per cento del capitale sociale, mentre questo limite opera in tema di esercizio del riscatto, come risulta dal diverso tenore degli articoli 2437-sexies, ultimo periodo e 2437-quater, quinto comma).
La riscattabilità può concretare (anche l'unica) caratteristica idonea alla sussistenza di categoria azionaria: a tale conclusione è possibile legittimamente pervenire accedendo alla tesi - già condivisa da questa commissione - che interpreta in senso estensivo il concetto di "diritti diversi", quale fondamento della nozione di categoria di azioni, ossia nel senso più generale di qualsiasi situazione giuridica soggettiva (anche di soggezione, così) spettante al possessore delle azioni, in dipendenza di una norma statutaria avente come destinarie solo una parte e non tutte le azioni emesse dalla
medesima società. D'altra parte, il riconoscimento della natura di "categoria" (anche per gli effetti dell'articolo 2376) non è contestato neppure alle azioni ordinarie, allorché, in costanza di particolari prerogative positive riconosciute ad altra categoria azionaria, si profilino esigenze di tutela dei diritti residuanti alle ordinarie stesse.
Questa ricostruzione, coerente con l'indicazione legislativa, è idonea a consentire giusta applicazione dell'articolo 2376 - anche nel caso in cui la riscattabilità concreti l'unica caratteristica particolare - qualora si intendano modificare, in senso negativo, le regole della riscattabilità, e così - ad esempio - qualora si deliberi sulla riduzione (nei limiti di quanto di seguito indicato) del valore di liquidazione spettante alle azioni riscattate.
Per altro verso, il tenore letterale dell'articolo 2437-sexies ("le disposizioni..si applicano ..alle azioni o categorie di azioni.") autorizza ad ammettere la riscattabilità quale generica condizione in cui ciascuna azione costituente il capitale sociale può incorrere, al verificarsi di particolari eventi, quali individuati, a titolo esemplificativo, nella massima.
È necessario chiarire che questa ipotesi, pur potendo teoricamente riguardare (anche) l'intero capitale sociale, non è impedita - a livello programmatico - dal limite del potere di acquisto al 10 per cento del capitale sociale, come sopra indicato; questo limite, infatti, (ove mancassero le condizioni diverse dall'acquisto delle azioni proprie per fare luogo al riscatto) rileverebbe nel momento di esercizio del riscatto, non impedendo invece la previsione statutaria di un riscatto potenzialmente esuberante il noto limite di acquisto delle azioni proprie.
In tema di emissione di azioni riscattabili (ovvero di introduzione del carattere della riscattabilità rispetto ad azioni già in circolazione), la massima aderisce al (più prudente) indirizzo che, sostanzialmente, esclude che ciò possa avvenire in mancanza del consenso del destinatario, fatto riferimento - tra l'altro - alla discussa materia della cosiddetta "conversione forzosa" in azioni di altra categoria, tema rispetto al quale la materia de qua comporta l'ancor più delicato effetto della potenziale estromissione dalla compagine sociale.
La massima non affronta, ma il tema è stato già esaminato dalla Commissione e il relativo pensiero è trasfuso in altri precedenti (si vedano le massime 85 e 86 - relative alla cosiddetta prelazione impropria - e 88, relativa alla covendita), la problematica relativa alla quantificazione del valore di liquidazione; è da ritenersi che - tenuto conto di quanto prevede l'articolo 2437, ultimo comma - non possano essere statutariamente previsti criteri di liquidazione dell'azione, in caso di riscatto, idonei a determinare l'attribuzione di valori significativamente inferiori a quelli derivanti dall'applicazione delle regole legali in tema di recesso.

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