89 - Attribuzione agli amministratori della competenza a deliberare l'adeguamento dello statuto di s.p.a. a disposizioni normative


Massima

22 novembre 2005

Per adeguamento dello statuto a disposizioni normative ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2365, comma 2 cod. civ., si deve intendere qualsiasi intervento sul testo statutario che ne permetta il transito da una posizione di "non conformità" ad una posizione di "conformità" all'ordinamento.
La "non conformità" del testo rileva a tal riguardo anche se ipotetica, nel senso che l'esercizio del potere di adeguamento si reputa legittimo anche al solo fine di esplicitare una interpretazione della clausola statutaria che, se fosse diversamente interpretata, non sarebbe conforme all'ordinamento.
La "non conformità" del testo statutario all'ordinamento può derivare sia dal conflitto con disposizioni normative di vecchia o di nuova introduzione (derivanti da qualsiasi fonte, primaria o secondaria) sia dalla "imposizione" di interpretazioni di disposizioni esistenti da parte di autorità dotate della relativa competenza.
Il potere di adeguamento attribuito ad organo diverso dall'assemblea include il potere di autonoma scelta del testo da introdurre in sostituzione di quello non conforme, purché la clausola così introdotta risulti lecita e giustificabile in rapporto alla finalità di adeguamento.

Motivazione

Tra le competenze spettanti all'assemblea straordinaria, attribuibili mediante apposita clausola statutaria (anche o esclusivamente: v. massima n. 47) all'organo amministrativo, al consiglio di sorveglianza o al consiglio di gestione, l'art. 2365, comma 2 cod. civ. include "gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative".
Il concetto di adeguamento dello statuto a disposizioni normative, a cui si riferisce l'articolo citato, implica una posizione di partenza di "non conformità" dello statuto all'ordinamento e l'adozione di un procedimento teso a raggiungere una posizione di arrivo di "conformità" dello statuto all'ordinamento.
A parte la più rara ipotesi di clausole statutarie "non conformi" sin dalla loro introduzione, caso comunque da intendersi ricompresso nella fattispecie in esame, la "non conformità" dello statuto solitamente deriva: (a) dalla introduzione di nuove disposizioni e/o dalla eliminazione o disapplicazione di vecchie disposizioni; (b) dalla "imposizione" di nuove interpretazioni di disposizioni già esistenti da parte di autorità competenti, quali CONSOB, Banca d'Italia, altre autorità pubbliche o comunque fornite di poteri di imperio, appartenenti alla pubblica amministrazione o indipendenti.
Nell'ipotesi sub a) il fenomeno può essere determinato dall'operare di una qualsiasi fonte normativa, primaria o secondaria, interna o comunitaria, nel rispetto dei principi generali di gerarchia delle fonti e di successione dei provvedimenti normativi nel tempo. All'abrogazione / disapplicazione di una norma esistente per effetto di una nuova norma interna o comunitaria va parificata la dichiarazione d'incostituzionalità.
Nell'ipotesi sub b) occorre distinguere i provvedimenti imperativi delle autorità competenti, da considerarsi certamente ricompresi nell'ambito dell'adeguamento, dalle non cogenti "raccomandazioni" et similia che aspirano alla "persuasione morale" dei destinatari delle stesse ed allora risultano insuscettibili di creare quella situazione di non conformità all'ordinamento posta alla base del concetto di adeguamento.
Non è del tutto chiaro se fra le autorità in grado di "imporre" l'interpretazione di una norma che causa la non conformità e il bisogno del successivo adeguamento si possa far rientrare anche l'autorità giudiziaria. Sembra equilibrato ritenere che a tal riguardo possa assumere rilevanza soltanto l'affermarsi di un orientamento consolidato e uniforme nell'interpretazione di una norma o complesso di norme (a modifica di un precedente orientamento o a soluzione di un conflitto giurisprudenziale, quale tipicamente, ma non esclusivamente, avviene con le sentenze della Corte Suprema a sezioni unite).
Nell'adeguamento, come sopra definito, rientra ogni modifica statutaria che consenta la transizione dalla posizione di "non conformità" alla posizione di "conformità" all'ordinamento. Il che avviene tanto nell'ipotesi di "unica via", cioè quando vi sia un solo modo (unico lecito intervento sul testo statutario) per ottenere il risultato della "conformità" (ricorrano o no gli estremi per la sostituzione automatica di clausole), quanto nell'ipotesi di "plurime vie", cioè quando vi siano più modi (eterogenei leciti interventi sul testo statutario) per ottenere il risultato della "conformità".
In quest'ultimo caso la delega all'organo gestorio o di sorveglianza necessariamente implica attribuzione di un potere di scelta della "via" per adeguare lo statuto, potere di scelta che sul piano del contenuto trova i soli limiti della liceità della modifica prescelta e della sua inerenza alla finalità di adeguamento. Naturalmente restano fermi anche i limiti di sistema deducibili dalle norme su conflitto di interessi, obblighi e responsabilità delle cariche sociali, in ipotesi di decisioni non orientate alla tutela dell'interesse sociale o all'osservanza dei principi di correttezza e parità di trattamento. Né nuoce ricordare che, non perdendo (di regola) l'assemblea la propria competenza a riguardo, resta sempre aperta la strada per un intervento dell'assemblea sollecitato dagli organi a cui spetta la convocazione, su loro iniziativa o dietro impulso della minoranza ex art. 2367 cod. civ..
Merita, infine, precisare che nel concetto di adeguamento può ritenersi compresa anche la modifica (con finalità) "interpretativa" di una clausola statutaria, per il caso in cui quest'ultima, ove diversamente interpretata, si ponesse in una situazione di "non conformità" all'ordinamento.
Per contro - e l'osservazione pare scontata fuori dal campo di applicazione dell'art. 223-bis disp. att. cod. civ. (sul quale cfr. la massima n. 5) - non è in alcun modo riconducibile al concetto di adeguamento, per mancanza della posizione iniziale, nemmeno ipotetica, di non conformità, la modifica statutaria obbediente ad una finalità di "riaffermazione degli equilibri iniziali" alterati da un intervento normativo che in sé non comporti alcuna diretta o indiretta incidenza sulla conformità del testo statutario al nuovo ordinamento.

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