69 - Delega del potere di modificare le deliberazioni dell'assemblea ai fini dell'iscrizione nel registro delle imprese


Massima

22 novembre 2005

Si reputa legittimo che le deliberazioni soggette a iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2436 cod. civ. contengano la delega ad amministratori, sindaci o altri soggetti determinati, affinché apportino alle deliberazioni stesse le modifiche eventualmente richieste al fine di sopperire alla mancanza di condizioni previste dalla legge per l'iscrizione nel registro delle imprese.

Motivazione

Ci si è posti l'interrogativo se, alla luce della nuova riforma del diritto societario, fosse ancora ammissibile l'inserimento della così detta clausola di "errata corrige" nell'atto costitutivo o nei successivi verbali d'assemblea.

Per poter trovare una risposta a tale quesito occorre fare una breve disamina del problema, vigente la precedente normativa.

Il primo problema che ci si era posti in passato era quello dell'inquadramento della "sospensione" del procedimento omologatorio, vale a dire se questa avesse un riscontro specifico nelle norme di legge o si dovesse piuttosto trattare di una prassi "praeter legem" posto che, vigente la vecchia normativa, l'autorità giudiziaria poteva solamente accogliere o rigettare il ricorso di omologa. In tali prospettive, prevalente era l'orientamento d'inquadrare la "sospensione" del procedimento omologatorio nell'ambito degli ampi poteri attribuiti dal legislatore al giudice relatore con l'art. 738, ult. comma c.p.c. che, nella più ampia facoltà di assumere informazioni, annovera anche la facoltà di "sospendere" il procedimento.

Il richiamo all'art. 738, ult. comma c.p.c., seppur non esaurientemente risolutivo, è sicuramente un indice della massima flessibilità del procedimento camerale, che consente quindi al giudice relatore di sospendere il procedimento onde evitare il rigetto del ricorso e consentire al ricorrente un'integrazione dell'atto di cui si richiede l'omologa con un complessivo risparmio in termini di tempo secondo un principio di economia processuale.

Da qui la prassi d'inserire la così detta clausola di "errata corrige" nell' atto costitutivo o nei successivi verbali d'assemblea interrogandosi se detta clausola potesse essere considerata come mera clausola di stile; ma la risposta appariva di tutta evidenza negativa in quanto l'esistenza di tali tipi di clausole è del tutto ininfluente dal punto di vista negoziale, infatti il loro mancato inserimento non comporta alcuna modifica effettuale; viceversa l'inserimento o meno di tali clausole consente o esclude la possibilità di autonoma modifica dell' atto costitutivo o dello statuto da parte del soggetto delegato.

Ci si è preoccupati allora di classificare tale tipo di clausola dal punto di vista dogmatico; una prima possibilità d'inquadrarla nell' ambito dell' arbitraggio di cui all'art. 1349 cod. civ. appare fuori luogo in quanto in tale ipotesi competerebbero al delegato delle discrezionalità che né gli appartengono né gli sono attribuite, in quanto la sua funzione è quella di un mero adeguamento alle richieste del giudice; appare quindi più corretto inquadrare tale tipo di clausola nell'ambito del mandato con rappresentanza: collettivo, se inserito nell'atto costitutivo; incarico delegato all'amministratore, se inserito in una delibera assembleare e quindi promanante direttamente dalla società.

Inquadrata tale clausola nell'ambito del mandato, occorre precisare che lo stesso contiene intrinsecamente due limiti: temporale e sostanziale d'attuazione. Per quanto riguarda il primo (temporale) il mandato avrà termine con la conclusione del procedimento omologatorio, sia esso positivo o di rigetto; per quanto riguarda il secondo (sostanziale d'attuazione) sia la dottrina sia la giurisprudenza ritengono che i poteri del delegato siano notevolmente limitati.

Ne consegue che, in presenza della generica clausola di "errata corrige", la mancanza di poteri discrezionali consenta al delegato una mera attività di adeguamento alle richieste del giudice che comportino una rimozione degli elementi contrari alla legge o l'integrazione con un pedissequo adeguamento a norme imperative alle quali conformarsi; l'attività del delegato non potrà però giungere a compiere atti sostitutivi di un'attività negoziale che le originarie parti avrebbero potuto posto in essere attingendo ad una più vasta gamma di possibilità consentite dalla legge.

A questo punto occorre stabilire se, dopo la novella della l. 340/2000, che ha eliminato il procedimento omologatorio da parte dell'autorità giudiziaria, si possa considerare equivalente il controllo notarile sugli atti costitutivi e sulle delibere assembleari a quello in precedenza svolto dal tribunale. La risposta deve considerarsi affermativa in virtù del "nuovo" art. 138-bis, comma 2 l. not. che commina una sanzione amministrativa al notaio che riceve atti costitutivi o iscrive delibere assembleari "quando risultino manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge". Da ciò, anche se indirettamente, deriva che il notaio, oltre al controllo ex art. 28 l. not., deve svolgere altresì quel controllo di legittimità dell'atto in precedenza affidato all'autorità giudiziaria; d'altra parte non potrebbe esistere una sanzione senza il correlato precetto.

A questo punto rimane solo da esaminare se, avuto riguardo alla problematica in oggetto, la riforma del diritto societario abbia apportato sostanziali variazioni al "vecchio" art. 2411 cod. civ., così come modificato dalla l. 340/2000. Però le novità legislative riguardano: (i) la mancata previsione della possibilità di richiedere l'omologazione da parte dei soli soci, nell'ipotesi che non vi abbiano provveduto gli amministratori, in costanza di dubbi d'iscrivibilità palesati dal notaio; (ii) la previsione d'inefficacia definitiva della delibera se, in caso di rifiuto del notaio ad effettuare l'iscrizione, non si provveda tempestivamente a richiedere l'omologazione giudizi aria.

Postulata pertanto l'uguaglianza fra il controllo di legittimità effettuato dal notaio e quello effettuato in precedenza dall'autorità giudiziaria, considerato che la riforma del diritto societario non ha apportato modifiche in merito, va considerata legittima l'introduzione negli atti costitutivi o nei verbali di assemblea straordinaria del c.d. "mandato di errata corrige" per il caso in cui o il giudice del registro o il notaio ne rifiutino l'iscrizione nel registro delle imprese. Va quindi, conseguentemente, considerato ricevibile l'atto di rettifica posto in essere dal delegato in virtù di tale mandato.

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