112 - Fusione di società italiane con società straniere soggette ad ordinamento che non ha attuato la decima direttiva


Massima

27 gennaio 2009

Il difetto di un'autorità competente a rilasciare il certificato preliminare e l'attestato del controllo finale per le società comunitarie non italiane partecipanti ad una fusione transfrontaliera (a causa della mancata attuazione della direttiva 2005/56/CE nell'ordinamento cui sono soggette) non impedisce il perfezionamento e l'efficacia della fusione nel rispetto delle applicabili normative nazionali e comunitaria.
In questo caso il ricevimento dell'atto di fusione presuppone il rispetto di tali normative anche da parte delle società straniere partecipanti alla fusione transfrontaliera.

Motivazione

Fino a che tutti gli Stati membri non avranno attuato la Decima Direttiva, potrà verificarsi che una società italiana si fonda con una società soggetta alla legge di altro Stato che non ha ancora recepito la Direttiva.

Poiché il termine per l'attuazione è scaduto il 15 dicembre 2007, in base ai principi del diritto comunitario trovano diretta applicazione le norme della Direttiva che hanno un contenuto incondizionato, preciso e dettagliato al punto da non richiedere un'attività di integrazione, scelta o adattamento ad opera del legislatore nazionale.

Tra queste ultime disposizioni non possono annoverarsi gli artt. 10 e 11 della Direttiva, i quali demandano alla legge nazionale l'individuazione dell'autorità competente per il rilascio del certificato preliminare, previo controllo della legittimità della fusione per la parte del procedimento relativa a ciascuna società, e quella competente per il rilascio dell'attestato di controllo finale, cui spetta il controllo della legittimità della fusione per la parte del procedimento concernente la realizzazione della fusione. Relativamente alle citate disposizioni la mancata attuazione della Direttiva comporta l'impossibilità di individuare le autorità competenti ai fini di cui sopra, salvo che per concorde opinione dottrinale e/o giurisprudenziale dai principi del sistema vigente nello Stato membro inadempiente sia comunque desumibile con certezza quali siano tali autorità.

L'impossibilità di individuare le autorità competenti, d'altro canto, non può tradursi in un ostacolo insormontabile alla realizzazione della fusione, considerato che la Direttiva intende facilitare le fusioni transfrontaliere tra società di capitali e che la Corte di Giustizia, nel caso Sevic, ha individuato nella fusione un mezzo di realizzazione della libertà di stabilimento delle società comunitarie. La mancanza delle autorità predette, la cui funzione consiste nell'agevolare la verifica del rispetto delle condizioni di legge per il perfezionamento della fusione, semplicemente comporta maggiori oneri in capo a chi - il notaio - è istituzionalmente chiamato a svolgere quel controllo di legalità che nelle fusioni transfrontaliere coinvolgenti una società italiana implica il controllo del rispetto di quanto disposto dall'art. 25, comma 3, l. 218/1995.

A tale riguardo, mentre negli ordinamenti in cui è individuabile l'autorità competente il rilascio del certificato preliminare supera ogni esigenza di ulteriore controllo, da parte del notaio, circa il rispetto della legge applicabile alla società straniera (cfr. art. 3, § 3, d. lgs. 108/2008), là dove l'autorità in questione non sia individuabile - così come nelle fusioni transfrontaliere cui non si applica la Decima Direttiva - quel controllo dovrà essere svolto dal notaio in sede di ricevimento dell'atto di fusione: e più precisamente nel momento in cui l'atto di fusione viene sottoscritto in Italia dinanzi al notaio ovvero nel momento in cui l'atto di fusione, redatto all'estero, venga successivamente depositato presso il notaio, secondo quanto previsto dall'art. 12 d. lgs. 108/2008.

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