Trasferimento di bene immobile fra coniugi o parenti in linea retta. Per il fisco si tratta sempre di donazione, sino a prova contraria. (Cass. Civ., Sez. V, sent. n. 6674 del 6 aprile 2016)

Ai fini tributari i trasferimenti immobiliari posti in essere tra coniugi o tra parenti in linea retta si presumono donazioni se l'imposta dovuta per il trasferimento risulti inferiore a quella applicabile in caso di trasferimento a titolo gratuito.
Tale presunzione può essere vinta solo attraverso la prova contraria, posta a carico del contribuente, che può essere fornita con qualsiasi mezzo. Di talché in difetto dell'anzidetta prova contraria, consistente nell'effettivo pagamento del corrispettivo, l'atto deve presumersi a titolo gratuito e, dunque, non assoggettabile ad IVA ma ad imposta di registro.

Commento

(di Daniele Minussi) La pronunzia ha fatto applicazione del I comma dell'art.26 del dpr 131/1986.
La regola è ispirata alla ratio di aumentare il gettito fiscale ed è chiaro che sottoporre ad IVA una vendita immobiliare consente a chi vende di compensare quanto percepito a tale titolo dall'acquirente (IVA vendita) con quanto corrisposto a terzi allo stesso titolo (IVA acquisti) secondo la logica propria dell'imposta sul valore aggiunto. Come fare per poter "bloccare" tale compensazione? La risposta è semplice: basta riqualificare normativamente l'operazione come sottratta all'IVA (come per l'appunto nel caso della donazione) e il gioco è fatto. Nel caso concreto un imprenditore aveva alienato al coniuge ed alla figlia alcuni immobili, assoggettando ad IVA la vendite. Va rilevato come la prova contraria di cui parla la norma sarebbe consistita nella prova dell'effettivo pagamento del prezzo, prova che nella fattispecie aveva fatto difetto. Nell'attuale vigenza della normativa in materia di tracciamento degli strumenti di pagamento (in vigore dal 4 luglio 2006), in concreto tale prova dovrà pertanto reputarsi intrinsecamente fornita.

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