Tramonto della categoria "insidia e trabocchetto"? Responsabilità dell’ente proprietario della strada. (Tribunale di Palermo, Sez. III, sent. n. 14 ottobre 2015)

In caso di sinistro stradale deve ritenersi sussistente la responsabilità da custodia dell’ente proprietario della strada nei casi di vizi di carattere strutturale del bene, quali appunto dissesti, anomalie e buche, che sono fattori di rischio prevedibili per il custode e come tale evitabili, escludendone l’operatività nei casi di anomalie connessi a fattori di rischio, esterne, dovute anche all’incurie degli utenti non prevedibili, dovendosi ritenere definitivamente disconosciuta la categoria giuridica dell’insidia o trabocchetto ritenendo che tale figura, di cui non vi è traccia nel dettato dell’art. 2043 c.c. sia diventato un elemento della prova liberatoria che può fornire il proprietario della strada dimostrando di avere adottato tutte le misura idonee a prevenire o impedire che il bene demaniale presenti per l’utente una situazione di pericolo.

Commento

(di Daniele Minussi)
Una giurisprudenza consolidata ha sempre fatto perno sul concetto di "insidia e trabocchetto" allo scopo ultimo di consentire una mitigazione del criterio di responsabilità, altrimenti piuttosto stringente per l'ente proprietario della strada, costituito dall'art. 2051 cod.civ. (ritenuto spesso non applicabile alla p.a), che prevede la responsabilità per i danni provocati dalla cosa in custodia. In un certo senso eversiva, tuttavia riconducibile al filone giurisprudenziale che reputa applicabile la norma da ultimo citata anche alla p.a., può essere dunque considerata la pronunzia della Corte di merito palermitana. Essa fa perno sulla prevedibilità ed evitabilità del rischio specifico creato dalla incuria e dalla lacunosa manutenzione del tratto di strada ove, a causa della pioggia e dei detriti che occultavano la presenza di una profonda buca sul manto stradale, era occorso un sinistro. Un'auto, dopo che una ruota era affondata nella buca, si era schiantata contro un muro. V'è da domandarsi come possa conciliarsi una siffatta opinione con quella, di segno opposto, che fa leva addirittura sulla vastità del sistema stradale per invocare una sorta di impossibilità in re ipsa di provvedere alla manutenzione della stessa (ex multis, cfr. Cass. civile, sez. III 2010/5669).

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