Successione per rappresentazione: il rappresentante è successore diretto rispetto al de cuius e, pertanto, non può essere considerato soggetto estraneo alla comunione. Inapplicabilità del retratto successorio. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 1987 del 2 febbraio 2016)

In tema di successione per rappresentazione, il discendente rappresentante che subentri nel luogo e nel grado dell’ascendente rappresentato che non possa o non voglia accettare l’eredità succede direttamente al de cuius, con la conseguenza che la detta eredità è a lui devoluta nella identica misura che sarebbe spettata al rappresentato. Pertanto, in caso di successione per rappresentazione, il discendente rappresentante, essendo successore iure proprio nell'eredità e possedendo la qualità di coerede ai sensi dell’art. 732 c.c., non può essere considerato un soggetto estraneo alla comunione nei cui confronti sia possibile esercitare il diritto di riscatto previsto da tale ultima disposizione (c.d. ius retractionis).

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia costituisce lineare applicazione del principio in base al quale, nell'ambito dell'istituto della rappresentazione, colui che viene all'eredità in nome e per conto di colui che non vuole o non può accettarla (in quanto premorto, rinuziante, indegno) è qualificato da una posizione del tutto analoga a costui (vale a dire a quella del chiamato rappresentato). Ne discende che la partecipazione alla comunione incidentale ereditaria da parte del chiamato jure rapresentationis interviene in via paritetica rispetto a quella degli altri coeredi. Poichè tra essi non vige la regola della prelazione legale e del retratto ai sensi dell'art. 732 cod.civ., la stessa conclusione di raggiunge per il rappresentato.

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