Società di capitali e condotta dell'organo amministrativo. Si può parlare di atto ultra vires? Inefficacia e inopponibilità di atti di straordinaria amministrazione e di atti non ricompresi nell’oggetto sociale. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 5522 del 19 marzo 2015)

In tema di società di capitali, l'eccedenza dell'atto rispetto ai limiti dell'oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti, non integra un'ipotesi di nullità, ma, al più, di inefficacia e di opponibilità nei rapporti con i terzi e, posto che è rimesso alla società, e solo ad essa, respingere gli effetti dell'atto, deve correlativamente essere riconosciuto alla società il potere di assumere ex tunc quegli effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente propri, attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del potere rappresentativo dell'amministratore. Ne deriva che ogni questione relativa alla estraneità dell'atto compiuto dall'amministratore rispetto all'oggetto sociale è da ritenersi irrilevante a seguito e per effetto dell'adozione di una delibera di autorizzazione preventiva adottata dalla società, posto che tale delibera impegna la società rispetto ad una condotta esecutiva e conforme dell'organo di gestione, sia essa idonea o meno rispetto al perseguimento dell'oggetto sociale.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il tema è quello della esorbitanza dell'atto compiuto rispetto a quanto si ricava dall'analisi dell'oggetto sociale. Prima della Riforma del 2003, vigeva l'art. 2384bis cod.civ., ai sensi del quale "l' estraneità all'oggetto sociale degli atti compiuti dagli amministratori in nome della società non (poteva) essere opposta ai terzi in buona fede. La norma, non più riproposta, pone un principio che comunque una parte degli interpreti reputano possa ancora essere considerato come operativo in materia.

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