"Shame trust" nullità dell'atto costitutivo di trust finalizzato a riprodurre vincolo di cui al fondo patrimoniale, in cui si verifichi coincidenza tra settlor e trustee. Nullità per assenza e/o immeritevolezza di protezione della causa. (Tribunale di Monza, 13 maggio 2015)

Presupposto coessenziale alla natura dell’istituto del trust è che il disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, al di là di determinati poteri che possano competergli in base alle norme costitutive. Tale condizione è ineludibile al punto che, ove risulti che la perdita del controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente , il trust è nullo (shame trust) e non produce l’effetto segregativo che gli è proprio.
La Convenzione dell’Aja mostra con la previsione di cui all’art. 2, u.c., di aver accolto una delle tre certezze dell’istituto del trust, cioè la ”certezza di voler istituire un trust” che fa riferimento alla massima di diritto consuetudinario normanno “donner et retenir ne vaut”. In sostanza “dare” (donner) al trustee e poi di fatto” trattenere”(retenir) non vale e, quindi, non è possibile che il disponente solo apparentemente conferisca un’obbligazione fiduciaria al trustee senza di fatto avergliela conferita affatto, continuando a gestire i beni come se ancora fossero suoi. Ne consegue che qualsiasi trust interno, anche se retto da leggi che come quella di Jersey abbiano di fatto superato la regola “donner et retenir ne vaut”, rimangono soggetti alla sancita dalla citata norma della Convenzione e non sono riconoscibili. Una volta accertata la non riconoscibilità, il trust non produce alcun effetto giuridico nel nostro ordinamento e, in particolare, non quello di creare un patrimonio separato. L’inesistenza, l’inefficacia o la nullità dell’atto istitutivo di trust è rilevabile d’ufficio.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso di specie il trust era stato istituito con l'esplicito scopo del disponente (il quale "intende conseguire gli effetti giuridici di un fondo patrimoniale sui propri beni e per tale obiettivo è venuto nella determinazione di istituire un trust") di segregare alcuni beni dal proprio residuo patrimonio, nominando sè medesimo trustee. Quali effetti pratici sortisce un trust congegnato in tale modo? Può dirsi sussistente un autonomo potere di gestione e di controllo del bene oggetto della separazione patrimoniale rispetto al settlor? Può dirsi che il trustee abbia un controllo su tali beni in modo tale che il disponente non possa interferire? E' evidente che, nel caso di specie non soltanto il disponente non abbia perso alcuna disponibilità del bene conferito in trust, ma che l'elemento causale di un siffatto negozio consiste meramente nell'effetto segregatorio, essendo destinato a creare una sorta di duplicazione concettuale arbitraria dello schema del fondo patrimoniale. La nullità del c.d. "shame trust" non può non essere considerata la conseguenza necessaria di un siffatto schema contrattuale.

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