Servitù per destinazione del padre di famiglia: criteri di rinvenimento della contraria manifestazione di volontà del proprietario che conduce all'accertamento della mancata costituzione del diritto reale. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 5040 del 28 febbraio 2013)

A norma dell’art. 1062 c.c., la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia è impedita dalla contraria manifestazione di volontà del proprietario dei due fondi al momento della loro separazione, e tale contraria manifestazione di volontà non può desumersi per facta concludentia, ma deve rinvenirsi in una clausola contrattuale con la quale si convenga esplicitamente di volere escludere il sorgere della servitù corrispondente alla situazione di fatto esistente fra i due fondi e determinata dal comportamento del comune proprietario, ovvero in una qualsiasi clausola il cui contenuto sia incompatibile con la volontà di lasciare integra ed immutata la situazione di fatto che, in forza della legge, determinerebbe la nascita della servitù.

Commento

(di Daniele Minussi)
Come è noto, la destinazione del padre di famiglia è una del tutto peculiare modalità di costituzione del diritto di servitù che viene in considerazione ogniqualvolta il titolare di un fondo originariamente unitario destina in maniera permanente opere che in fatto siano volte all'esercizio di una servitù destinata ad esplicitarsi una volta che il fondo sia diviso.
L'effetto costitutivo si produce, ai sensi dell'art. 1062 cod.civ., a patto che l'originario proprietario non abbia disposto in alcun modo in maniera esplicita relativamente alla servitù.
Circa l'indispensabilità che tale "disposizione" non possa non consistere in una concreta e positiva statuizione, non rilevando contegni concludenti, cfr. anche Cass. 1998/5312.

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