Recesso del socio di società a base personale, opponibilità e fallimento in estensione. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 13838 del 31 maggio 2013)

Il recesso del socio di una società di persone, cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell'art. 2290, comma II, c.c., è inopponibile ai terzi. E', dunque, evidente che tale recesso non produce i suoi effetti al di fuori dell'ambito societario. Di talché, il recesso non pubblicizzato non è idoneo ad escludere l'estensione del fallimento pronunciata ai sensi dell'art. 147 della legge fallimentare, non assumendo rilievo neppure il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, giacché il rapporto societario per quanto concerne i terzi a quel momento era ancora in atto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Non si possono non condividere le conclusioni cui è pervenuta la S.C. nel sancire il fallimento del socio che, ancorchè receduto, non abbia dato seguito alle necessarie formalità pubblicitarie presso il registro delle imprese intese a conferire opponibilità al recesso. Va tuttavia fatto presente che il recesso, ove non abbia a risultare da un atto modificativo dei patti sociali che, come tale, non può che coinvolgere tutti i soci, può ben costituire il frutto di un'iniziativa uilaterale del recedente. In tal caso il problema è costituito dalla concreta possibilità che abbia luogo la formalità pubblicitaria. Non è infatti sufficiente depositare ai fini dell'iscrizione un atto unilaterale, occorrendo (ove non vi sia consenso unanime dei soci) piuttosto una pronunzia che attesti l'esercizio legittimo del recesso. E nel frattempo? Se la società fallisce?

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