Quando la servitù può definirsi apparente? (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 24856 del 21 novembre 2014)

Il requisito dell'apparenza della servitù, di cui all'art. 1061 c.c., necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al relativo esercizio ed attestanti in modo non equivoco l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, anche quando tali opere insistano sul fondo dominante o su quello appartenente a terzi. Ne consegue che, ove le opere visibili e permanenti consistano in un portone ed in un androne, siti nel preteso fondo servente e utilizzabili per l'accesso sia a quest'ultimo che al preteso fondo dominante, l'apparenza della servitù postula comunque il riscontro dell'univocità della loro funzione oggettiva rispetto all'uso della servitù stessa.

Commento

(di Daniele Minussi)
Può l'essenza materiale di un portone ed un andito entrambi insistenti sul fondo servente costituire quell'opera permanente oggettivamente destinata all'esercizio della servitù che ne vale la qualificazione come apparente? La risposta negativa data dalla S.C. si fonda sull'esigenza che tale caratteristica delle opere sia in modo non equivoco destinata all'esercizio del diritto minore parziario, cosa che deve escludersi per quanto attiene al portone ed al vano di ingresso, la cui fruizione principale consiste nel dare accesso al fondo asseritamente servente. Per potersi dire ricorrente la inequivocità in parola occorre un quid pluris. E' necessario che si palesi una specifica ed univoca destinazione del manufatto all'esercizio della servitù (Cass. Civ. Sez.II, 11346/04)

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