Invalidità della deliberazione assembleare di aumento del capitale sociale: se il socio dissenziente abbandoni il giudizio di impugnazione la deliberazione rimane efficace e pienamente vincolante. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 22349 del 2 novembre 2015)

In materia di disciplina dell'invalidità delle deliberazioni dell'assemblea delle società di capitali vige la regola generale - espressa dagli artt. 2377, 2378, 2379 e 2388, comma IV, c.c. - secondo cui le delibere dell'assemblea contrarie alla legge o all'atto costitutivo, o adottate nonostante la mancata convocazione dell'assemblea, o la mancanza del verbale o l'impossibilità o illiceità dell'oggetto, e le delibere del consiglio di amministrazione lesive dei diritti dei soci, sono impugnabili, ai fini di ottenerne l'annullamento ex art. 2377 c.c., o la declaratoria di nullità ex art. 2379 c.c., entro il termine previsto dalle norme succitate. Qualora il socio dissenziente non abbia proposto impugnazione, ai sensi di dette disposizioni, la delibera resta, quindi, esecutiva e vincolante per la società, per ciascuno dei soci e nei confronti dei terzi. Nella sola ipotesi di deliberazioni “che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili”, l'art. 2479, comma I, seconda parte, consente, invero, l'impugnazione della delibera senza limiti di tempo e il rilievo d'ufficio della nullità da parte del giudice, del pari senza limiti di tempo.
In tema di recesso del socio di s.r.l., la previsione contenuta nell’art. 2473, comma I, c.c. riguarda l’ipotesi in cui venga operata una «…rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’art. 2468, comma IV, c.c.», modificazione per la quale la disposizione richiamata richiede «…il consenso di tutti i soci…». Come si desume dall’art. 2468, comma III, c.c. cui rinvia il citato comma IV della stessa norma, i diritti in parola sono quei «particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili», che l’atto costitutivo attribuisce “a singoli soci”. Ora, il combinato disposto normativo succitato si riferisce, dunque, al solo caso in cui vengano attribuiti a singoli soci, dall’atto costitutivo, particolari diritti in materia di amministrazione della società o di distribuzione di utili, ovverosia diritti diversi, quantitativamente o qualitativamente, da quelli normalmente spettanti a ciascun socio sulla base della partecipazione detenuta, come, per esempio, il diritto alla nomina di uno o più amministratori, o di porre il veto al compimento di talune operazioni, o all’attribuzione di una determinata aliquota degli utili netti eccetera. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto infondata la doglianza prospettata dal ricorrente, il quale aveva invocato il legittimo esercizio del diritto di recesso adducendo una lesione del diritto di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, spettante a tutti i soci, in proporzione delle partecipazioni da essi possedute).

Commento

(di Daniele Minussi)
Il rilievo officioso da parte del Giudice (nonchè svincolato da limitazioni temporali) delle invalidità delle deliberazioni dell'assemblea di società di capitali è limitato al caso dell'adozione di oggetto sociale illecito o impossibile (I° comma art. 2479 cod.civ.). In tutte le altre ipotesi, compresa anche quella sottoposta all'attenzione della S.C., se il socio abbandona il giudizio di impugnazione, non può che discenderne la piena operatività della deliberazione già contestata.

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