Proposta contrattuale e sopravvenuta morte del proponente. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 13776 del 17 giugno 2014)

Non è valida la promessa di vendita della quota del de cuius in assenza del consenso scritto del promissario acquirente, anche se la firma apposta in calce alla dichiarazione è autentica. L’erede, dunque, non è vincolato alla proposta contrattuale, salvo che non sia stata espressamente prevista l’irrevocabilità, ai sensi dell’art. 1329 c.c.; infatti, la norma, prevedendo al comma II anche il caso della morte del proponente, stabilisce che l’evento morte non toglie efficacia alla proposta nel caso di cui al comma I, ossia nel caso in cui il proponente si sia impegnato a mantenerla ferma per un certo tempo.
Non sono ammessi impegni irrevocabili a vendere che abbiano durata indeterminata, poiché essi si risolvono in una limitazione del potere di alienazione e, in definitiva, in una restrizione del principio di libera circolazione dei beni.

Commento

(di Daniele Minussi)
La peculiarità della pronunzia si impernia su una duplice considerazione: da un lato la valenza della regola di cui al II comma dell’art. 1329 cod.civ., in forza del quale la morte del proponente destituisce di ogni valenza la proposta contrattuale che costui avesse formulato, a meno che egli non si fosse impegnato a mantenerla ferma per un certo tempo, dall’altro la inammissibilità di una proposta destinata ad essere mantenuta ferma senza alcuna indicazione di un termine massimo. Nel caso di specie il de cuius aveva sottoscritto un impegno a trasferire la quota della metà di un immobile in favore dell’altro contitolare, che gli aveva somministrato la provvista per procedere all’acquisto. In effetti la vera e reale funzione della proposta irrevocabile corrispondeva piuttosto a quella della controdichiarazione nell'ambito di una fattispecie simulatoria di interposizione fittizia. Lo scopo della proposta (maldestramente attuato) era infatti quello di consentire all'oblato di perfezionare, senza la collaborazione del proponente, il contratto in forza del quale il primo avrebbe "recuperato" la proprietà del bene.

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