Prelazione agraria e diritto di riscatto, morte del prelazionario ed esercizio del diritto già a costui facente capo da parte dell'erede. (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 17009 del 20 agosto 2015)

In tema di riscatto agrario, la parte che agisce in retratto iure successionis deve dimostrare la sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 8 della legge n. 590/1965 in riferimento al soggetto in luogo del quale il riscatto è stato esercitato, in quanto l'esercizio iure successionis comporta una sorta di cristallizzazione della situazione, che deve essere verificata in rapporto alla sola posizione del defunto.
In tema di rapporti agrari, la mancata vendita di fondi rustici nel biennio precedente costituisce una delle condizioni dell'azione cui è subordinata, ai sensi dell'art. 7 della l. n. 817/1971, l'insorgenza del diritto di prelazione agraria, sicché la prova della sua sussistenza spetta a chi eserciti il relativo diritto, a nulla rilevandone il carattere di fatto negativo, che non comporta una inversione dell'onere della prova ma solo la necessità di allegare fatti positivi contrari, anche per mezzo di testimoni o di presunzioni. Ne consegue, inoltre, che, ove il retraente non abbia fornito tale prova, la condizione può legittimamente ritenersi accertata solo se ammessa, espressamente o implicitamente, dal convenuto, alla stregua di un'impostazione delle sue difese incompatibile con la negazione o contestazione della stessa.

Commento

(di Daniele Minussi)
Cosa accade nell'ipotesi in cui l'avente diritto alla prelazione agraria venga meno nelle more del procedimento volto all'esercizio del riscatto? Secondo la S.C. avrebbe luogo la devoluzione jure successionis di tale posizione, indipendentemente dalla qualificazione e dalle caratteristiche possedute dagli aventi causa del prelazionario defunto.

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