Pegno e forma ad regularitatem ex art. 2787, comma III, cod. civ.: valido il pegno della banca che indica l'ammontare del credito, ma non menziona il rapporto di conto corrente. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 3555 del 14 febbraio 2014)

Nella fattispecie rappresentata dal pegno di titoli del privato in favore della banca a garanzia di crediti che l’istituto vanta nei confronti della società deve ritenersi erronea la decisione secondo cui l’atto costitutivo del pegno non avrebbe individuato il credito garantito, laddove esso risulta invece individuato con l’esatta indicazione per tipologia e ammontare delle linee di credito garantite, considerato anche che il credito garantito trae origine esclusivamente dal rapporto di affidamento, mentre il rapporto di conto corrente rappresenta soltanto lo strumento e la modalità concreta per l’utilizzo della concessa linea di credito.

Commento

(di Daniele Minussi)
Come è noto l'art. 2787 cod.civ. prevede l'indispensabilità della forma scritta ai fini del conseguimento della prelazione: si tratta di un'ipotesi di forma vincolata non già a pena di nullità ovvero per la prova, bensì qualificata come "ad regularitatem". Ciò premesso, ci si interroga sulla portata del III comma dell'art. 2787 cod.civ.: ai fini della sufficiente identificazione del credito garantito è sufficiente che la scrittura costitutiva della garanzia contenga elementi idonei alla identificazione ovvero è indispensabile l'enunciazione di tutti gli elementi oggettivi?
La Corte ha risposto nel primo senso, essendo stato reputato bastevole l'enunciazione del rapporto dal quale discende il credito garantito, anche in difetto di menzione del rapporto di conto corrente sul quale i risultati dell'apertura di credito erano destinati a confluire.

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