La Cassazione ci ripensa ancora: la costituzione di un trust e quella di un vincolo di destinazione costituisce, di per sé, presupposto impositivo ai fini dell'imposta sulle donazioni. (Cass. Civ., Sez. VI-V, sent. n. 4482 del 7 marzo 2016)

La costituzione di un vincolo di destinazione su beni (nella fattispecie mediante l'istituzione di un trust) rappresenta, di per sé ed anche quando non sia individuabile uno specifico beneficiario, autonomo presupposto impositivo in forza dell'art. 2, comma 47, della legge n. 286/2006, che assoggetta tali atti, in mancanza di disposizioni di segno contrario, ad un onere fiscale parametrato sui criteri di cui all'imposta sulle successioni e donazioni.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia, di cui costituisce l'antecedente logico Cass. Civ., Sez. VI-T, sent. n. 3735 del 24 febbraio 2015, viene a superare le indicazioni già desumibili dalle tre separate sentenze della S.C. (cfr. per tutte Cass. Civ., Sez. V, sent. n. 25478 del 18 dicembre 2015) che parevano aver ripristinato il principio della sottoposizione dell'atto ad imposta fissa di registro.
La Cassazione medita ancora una volta sul tema e ritorna indietro sui propri passi. Per quanto attiene al vincolo di destinazione, in particolare, si può dire che perderà molto del proprio (peraltro piuttosto scarso) appeal. In sintesi "la dizione letterale della norma e la sua evoluzione nel complesso processo di elaborazione normativa che è sfociato nell'attuale dizione dell'art. 2 comma 47 della 286/2006 evidenzia l'intenzione del legislatore di istituire una vera e propria imposta che colpisce tout court gli atti che costituiscono vincoli di destinazione". Ne saranno lieti i titolari di interessi "meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 cod.civ.". Specialmente meritevoli di tutela certamente, ma non dal punto di vista tributario.

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