L’oggetto del contratto di vendita dell’eredità non include anche l’azione di petizione ereditaria. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 5145 del 30 marzo 2012)

Nell'oggetto del contratto di vendita di eredità, di cui agli artt. 1542 e ss. c.c., non rientra anche l'azione di petizione ereditaria, essendo quest'ultima diretta all'accertamento della qualità di erede, per sua natura intrasmissibile, e configurandosi, invece, la vendita dell'eredità come alienazione di componenti patrimoniali e non di mere qualificazioni giuridiche. Ne consegue che deve escludersi la legittimazione attiva a proporre l'azione di petitio hereditatis in capo al compratore dell'eredità, potendo questi, in quanto creditore del venditore per i frutti percepiti, i crediti riscossi ed i beni venduti e, per contro, terzo rispetto al conflitto tra erede e possessore di beni ereditari, proporre azione surrogatoria in caso di inerzia del venditore stesso nell'esercizio della petizione d'eredità.

Commento

(di Daniele Minussi)
La sentenza interviene su un tema piuttosto rarefatto, vale a dire quello della vendita d'eredità. Gli interpreti si sono interrogati da tempo sulla spettanza, in tal caso, del rimedio della petitio hereditatis in capo all'acquirente: chi ha avuto modo di concludere nel senso della sussistenza della legittimazione attiva in capo all'acquirente sulla scorta della natura di universalità di diritto dell'eredità viene smentito dalla pronunzia in esame. Essa infatti fa perno sulla intrasmissibilità della qualità ereditaria, al più prospettando, nel caso di inerzia del venditore, la possibilità di agire con l'azione surrogatoria.

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