L'ipoteca sull'immobile è assai più "pesante" di quanto prospettato dall'agente immobiliare in sede di conclusione del contratto preliminare. Truffa contrattuale: l’eventuale scarsa accortezza del soggetto passivo del reato non vale a scriminare la condotta illecita. (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 12601 del 25 marzo 2015)

Integra il reato di truffa aggravata ex art. 61, n. 7, c.p. la condotta del dipendente dell'agenzia immobiliare che, in concorso con i proprietari dell'immobile in vendita, che induce un soggetto a stipulare il preliminare d'acquisto del bene facendogli credere che sul cespite gravi soltanto un'ipoteca di modesto importo, salvo poi scoprire dopo la sottoscrizione che l'iscrizione pregiudizievole è di rilevante entità, dovendosi ritenere che, seppure la parte offesa ben avrebbe potuto provvedere da sé alla visura ipotecaria, l'eventuale negligenza o scarsa accortezza del soggetto passivo del delitto ex art. 640 c.p. non ha mai efficacia scriminante o attenuante.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il prezzo convenuto per il bene era pari ad euro 140.000 e, allo scopo di convincere l'aspirante acquirente a sottoscrivere il preliminare, era stato assicurato sia dall'agente immobiliare, sia dal proprietario del bene che il debito residuo era di un importo specialmente contenuto. Si scopriva poi che l'importo dell'iscrizione ipotecaria era pari ad euro 295.000 (anche se non è stato specificato nè quale fosse la linea capitale del mutuo, ordinariamente pari a circa la metà dell'importo dell'iscrizione, nè quale fosse il debito residuo). Tali i fatti, non si è fatta questione di dolo contrattuale, ciò che avrebbe condotto all'annullabilità del contratto, bensì addirittura di truffa, condotta penalmente rilevante.

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