Intrasmissibilità dell’azione di impugnazione del matrimonio per difetto di capacità naturale ex art. 127 cod.civ.. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 14794 del 30 giugno 2014)

L’art. 127 c.c. prevede un’eccezione al principio generale che è espresso nella rubrica (“intrasmissibilità dell’azione”) in modo coerente con la natura di atto personalissimo che è propria del matrimonio e, allo stesso tempo, stabilisce un preciso limite alla possibilità che soggetti terzi, seppur qualificati come gli eredi, siano ammessi ad impugnare il matrimonio contratto da uno dei coniugi affetto da vizi della volontà o da incapacità di intendere e volere. Tale possibilità sussiste, infatti, solo nel caso in cui l’azione sia stata già esercitata dal coniuge il cui consenso o la cui capacità di intendere e volere risulti viziata, nel qual caso l’azione è trasmissibile agli eredi qualora il giudizio sia già pendente alla morte dell’attore. L’ordinamento attribuisce importanza al matrimonio come atto di volontà che presuppone la piena consapevolezza del suo significato, la quale viene a mancare in tutti i casi in cui la sfera volitiva e cognitiva del coniuge sia pregiudicata da cause di qualunque natura, temporanee o permanenti. Ed è per questo che è ammessa la trasmissibilità dell’azione impugnatoria che può essere solo proseguita dagli eredi, ma si tratta di un’eccezione che fa escludere la possibilità di un’interpretazione estensiva o analogica dell’articolo 127 c.c..
Il bilanciamento tra il diritto personalissimo del soggetto di autodeterminarsi in ordine al proprio matrimonio, proponendo l'azione di impugnazione, e l'interesse degli eredi a far valere l'incapacità del medesimo allo scopo di ottenere l'annullamento del matrimonio, con indubbi riflessi nei loro confronti sia sul piano personale che su quello patrimoniale, è rimesso alla valutazione del legislatore, che in modo non irragionevole ha ritenuto preminente l'esigenza di tutela della autodeterminazione e, quindi, della dignità di colui che, non interdetto, ha contratto matrimonio.

Commento

(di Daniele Minussi)
Possono gli eredi del fratello defunto che si fosse trovato in condizioni di minorata o del tutto assente capacità di intendere o di volere impugnare il matrimonio contratto dal de cuius? La S.C. spiega perché la legge impone che l’eventuale azione di annullamento non possa se non essere proseguita dagli eredi, ma non intrapresa autonomamente da essi. Non è possibile in materia invocare l’applicazione dell’art. 428 cod.civ., stante l’esistenza della specifica disposizione di cui all’art.127 cod.civ., il cui disposto è coerente rispetto alla natura di atto personalissimo propria del matrimonio. Né si può far riferimento all’esistenza di un supposto vuoto normativo in relazione al fatto che l’azione non fosse stata intrapresa dal de cuius: è infatti preminente l’interesse del coniuge legalmente capace ancorchè incapace di intendere o di volere rispetto a quello di tutti coloro che potrebbero vantare un diritto in qualità di eredi.

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