Ingiuria rilevante ai fini della revocazione della donazione. Recesso ad nutum quando la durata delle società eccede la vita media del socio. (Tribunale di Roma, Sez. III, sent. n. 21224 del 22 ottobre 2015)

L'ingiuria che rileva ai fini della revocazione della donazione, ai sensi dell’art. 801 c.c., deve colpire la sfera morale e spirituale del donante in modo diretto ed esplicito, con modalità di gravità e potenzialità offensiva oggettiva tale da ripugnare alla coscienza comune. L'ingiuria grave deve, altresì, essere riconducibile a comportamenti che rappresentano in maniera obiettiva una radicata e profonda avversione del donatario verso il donante. Devono, tuttavia, escludersi tutte quelle manifestazioni lecite di espressione della libertà personale, non sanzionabili dall'ordinamento.
È ammissibile il recesso ad nutum, con il solo onere del preavviso, dal vincolo sociale costituito per una durata che ecceda la vita media del socio. Deve ritenersi comunque valido di recesso del socio anche che faccia riferimento ad una normativa errata, dovendosi ritenere rilevante la volontà di recedere laddove compete successivamente al giudice l'esatto inquadramento normativo o statutario della fattispecie.

Commento

(di Daniele Minussi)
Quali sono le condotte ingiuriose del donatario che possono dar luogo alla revocazione della liberalità effettuata dal donante? Se colei che ha ricevuto in donazione le quote di una società e che riveste nella gestione della stessa mansioni direttive svolge osservazioni ed avanza riserve sulla gestione "obsoleta" e "rigida" dell'unico amministratore (coincidente con la persona del donante), ciononpertanto si macchia di una "ingiuria grave". Non è lesa maestà avanzare critiche motivate, ma esercizio di una libertà di espressione che non può esser interpretata come grave affronto al donante.
Ulteriore tema affrontato dalla Corte di merito romana è quello della ammissibilità del recesso ad nutum del socio anche quando la durata della società sia a tempo determinato, ogniqualvolta essa sia comunque superiore al tempo di aspettativa di vita del socio stesso. Infatti in tale ipotesi la durata della società dovrebbe considerarsi a tempo indeterminato, con la conseguenza di reputarsi sempre possibile il recesso previo preavviso. La stessa Corte si era espressa analogamente soltanto alcuni mesi prima: cfr. Tribunale di Roma, 4 marzo 2015.

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