Il promittente alienante non restituisce la caparra ricevuta dal promissario acquirente. Inadempimento e non appropriazione indebita. (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 15815 del 29 marzo 2017)

La mancata restituzione della caparra ricevuta contestualmente alla stipulazione del contratto preliminare poi risolto non integra il reato di appropriazione indebita, difettando il requisito dell'altruità della res. La somma di denaro consegnata a titolo di caparra/acconto, diventa di proprietà di chi la riceve, il quale, pertanto, ne può liberamente disporre. Su tale soggetto grava così soltanto un obbligo civilistico che consiste, in caso di adempimento, nell'imputare quanto ricevuto alla prestazione, e, in caso di inadempimento, nel restituirlo in quantità doppia.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il ragionamento sottostante alla formulazione dell'ipotesi di reato è suggestivo: colui che, pur essendovi tenuto, non restituisce la caparra, in tal modo si appropria del denaro altrui. Tuttavia basta condurre il ragionamento in maniera appena più approfondita per scoprirne l'intrinseca fallacia. Infatti il denaro o la cosa mobile di cui l'agente si appropria nella fattispecie di reato in considerazione, non devono mai essere entrati nel patrimonio di costui. In altre parole i beni di cui ci si appropria devono costantemente essere qualificati come di proprietà altrui e, ove alla scadenza del termine convenuto ovvero, una volta che fosse pervenuta la richiesta di restituzione da parte del titolare, non venissero restituiti, si può dire perfezionata la fattispecie delittuosa. Nel caso in esame la consegna della caparra ne segna il trasferimento della proprietà in capo al promittente alienante, il quale pertanto se ne appropria legittimamente a far tempo da tale momento, pur essendo obbligato a certe condizioni ad effettuarne la restituzione. Mero inadempimento ad una obbligazione, non reato.

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