Grado di diligenza e perizia richiesti all'avvocato. (Appello di Roma, 8 gennaio 2013)

In applicazione dei principi dettati dagli artt. 2236 e 1176, comma II, c.c. , l’avvocato deve considerarsi responsabile verso il suo cliente in caso di incuria e di ignoranza di disposizioni di legge e, in genere, nei casi in cui per negligenza o imperizia compromette il buon esito del giudizio, mentre nei casi di interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni complesse e opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità nei confronti del cliente, salvo dolo o colpa grave.

Commento

(di Daniele Minussi)
Antico problema quello della composizione degli elementi che si rinvengono nel modo di disporre degli articoli 1176 (norma di carattere generale) e 2236 cod.civ. (norma più specificamente dettata per la qualifica di professionista del soggetto passivo dell'obbligazione). La pronunzia circoscrive l'ambito della responsabilità dell'avvocato alla mancata conoscenza delle norme di legge, facendo salva l'eventuale mala interpretazione ovvero l'incapacità di risolvere questioni specialmente complesse. Il tutto, ovviamente, fatta salva l'ipotesi della condotta dolosa ovvero gravemente colposa.

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