Fruizione esclusiva della cosa comune da parte di un condomino. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 14694 del 14 luglio 2015)

In tema di comunione, l'uso frazionato della cosa a favore di uno dei comproprietari può essere consentito per accordo fra i partecipanti solo se l'utilizzazione, concessa nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c., rientri tra quelle cui è destinato il bene e non alteri od ostacoli il godimento degli altri comunisti, trovando l'utilizzazione da parte di ciascun comproprietario un limite nella concorrente ed analoga facoltà degli altri. Pertanto, qualora la cosa comune sia alterata o addirittura sottratta definitivamente alla possibilità di godimento collettivo nei termini funzionali originariamente praticati, non si rientra più nell'ambito dell'uso frazionato consentito, ma nell'appropriazione di parte della cosa comune, per legittimare la quale è necessario il consenso negoziale di tutti i partecipanti che - trattandosi di beni immobili - deve essere espresso in forma scritta ad substantiam.

Commento

(di Daniele Minussi)
La S.C. riafferma il principio in forza del quale, pur essendo ammesso l'utilizzo frazionato del bene comune, deve parallelamente esser consentita analoga fruizione da parte degli altri condomini. Diversamente ha luogo una appropriazione della cosa che, quando consiste in un immobile, ai fini di essere considerata legittima, deve vedere l'espressione del consenso scritto di tutti gli altri condomini a pena di nullità del relativo accordo. Si pensi al c.d. "uso esclusivo" di porzioni di beni comuni spesso nella prassi negoziale utilizzato per delimitare posti auto nel cortile comune non frazionato catastalmente.

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