Designazione del beneficiario di assicurazione sulla vita a favore del terzo: quand'anche veicolata in un testamento, rimane un atto dal quale discendono diritti che sorgono jure proprio e non jure successionis in capo al beneficiario. (Tribunale di Perugia, sent. n. 746 del 17 aprile 2015)

In linea di principio, l'assicurazione sulla vita non entra nell'asse ereditario e, ai sensi dell'art. 1920 c.c., il beneficiario acquista, per effetto della designazione, un diritto proprio nei confronti dell'assicurazione; l'atto di designazione del beneficiario è infatti un atto unilaterale a favore di un terzo ed è un atto tra vivi, nel senso che il beneficiario non acquista il diritto al pagamento dell'indennità a titolo di legato o di quota ereditaria, ma iure proprio in base alla promessa fatta dall'assicuratore di pagare il capitale al momento del verificarsi dell'evento assicurato; conseguentemente, l'obbligazione di pagamento gravante sull'assicuratore discende esclusivamente dal contratto di assicurazione e dalla designazione del beneficiario, mentre la morte dell'assicurato, evento assicurato, rappresenta il mero momento di consolidamento del diritto già acquisito inter vivos e non mortis causa.

Commento

(di Daniele Minussi)
Premesso che il testamento può contenere atti di disparata natura giuridica (si pensi al riconoscimento di figlio naturale, alla ricognizione di debito, alla indicazione di un tutore), l'indicazione del beneficiario di una polizza di assicurazione che abbia quale presupposto ai fini della percezione dell'indennità la morte dell'assicurato stipulante è pur sempre riconducibile al contratto stipulato con l'assicuratore. Ne discende che la natura del diritto che il beneficiario vanta non è riconducibile al fenomeno successorio, nascendo piuttosto jure proprio in capo a costui.

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