Criteri di qualificazione di una disposizione come "di ultima volontà". (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 150 dell’8 gennaio 2014)

Perché un atto costituisca manifestazione di ultima volontà, riconducibile ai negozi mortis causa, non è necessario che il dichiarante faccia espresso riferimento alla sua morte ed all'intento di disporre dei suoi beni dopo la sua scomparsa, essendo sufficiente che lo scritto sia espressione di una volontà definitiva dell'autore, compiutamente e incondizionatamente manifestata allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso di specie il disponente, nel riferire i cespiti che gli appartenevano a singoli soggetti, si esprimeva contestualmente nel senso di ingiungere "che nessuno faccia osservazione di quanto è dichiarato e scritto" aggiungendo di pregare "che nessuno faccia osservazione a questo biglietto essendo scritto di sua propria mano". Tali espressioni sono state riconosciute come inequivocamente intese a perentoriamente disporre in maniera non controvertibile per un tempo in cui il disponente fosse ormai defunto.

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